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Tecnologia
30 Maggio 2025 - 10:50
Nel panorama delle startup tech, le illusioni sono spesso più attraenti della realtà. È il caso di Builder.ai, azienda britannica sostenuta da colossi come Microsoft e dal fondo sovrano del Qatar che si presentava come una rivoluzione nel mondo del software: costruire applicazioni senza scrivere una riga di codice, grazie a un'intelligenza artificiale che avrebbe fatto tutto da sola.
Peccato che come ha rivelato il Financial Times, dietro l’apparente magia dell’automazione si celasse una soluzione molto più tradizionale: un gruppo di programmatori umani, impegnati manualmente a realizzare ogni funzione promessa dalla piattaforma. Altro che AI: era manodopera specializzata, dissimulata sotto un’interfaccia patinata e buzzword da conferenza tech.
I numeri parlano chiaro. Builder.ai dichiarava ricavi di 180 milioni di dollari nel 2023 e 220 nel 2024, ma i dati reali si fermano a 45 e 55 milioni rispettivamente. Un divario che racconta non solo di ambizioni gonfiate, ma anche di una narrazione distorta, alimentata da presentazioni affascinanti e grafici sempre in ascesa, anche quando non c’era nulla da mostrare.
Il modello promesso era quello di una fabbrica modulare basata su AI: bastava descrivere un’idea e la tecnologia avrebbe fatto tutto il resto. Invece, le richieste degli utenti venivano processate da team di sviluppatori, principalmente in India, che scrivevano codice manualmente, come si faceva decenni fa. Una performance ben orchestrata, tanto da sembrare vera.
Il fondatore Sachin Dev Duggal, volto noto nei circuiti dell’innovazione, si è dimesso dal ruolo operativo dopo lo scandalo, pur rimanendo nel consiglio d’amministrazione. Un’uscita di scena solo parziale, mentre l’azienda si avvia verso l’insolvenza dopo che il principale creditore, Viola Credit, ha congelato 37 milioni di dollari, lasciando in cassa poco più di cinque.
E pensare che Builder.ai era riuscita a raccogliere oltre 400 milioni di dollari in finanziamenti. Gli investitori avevano creduto di trovarsi davanti all’ennesima “next big thing” dell’intelligenza artificiale, ma si sono ritrovati con un modello che somigliava più a un outsourcing di lusso che a un’innovazione dirompente.
Il vero paradosso, però, è un altro: in un mondo in cui si dice che le macchine sostituiranno i lavoratori, qui sono stati i lavoratori a fingersi macchine. Per restare nel mercato, hanno indossato la maschera dell’automazione. Non è stato l’algoritmo a imitare l’uomo, ma l’uomo a mimare il comportamento di un algoritmo.
Il risultato? Un cortocircuito perfetto: la tecnologia che avrebbe dovuto cancellare il lavoro umano è sopravvissuta proprio grazie al lavoro umano, accuratamente nascosto. Non un passo avanti nell’innovazione, ma un travestimento ben riuscito. E forse, il segnale più chiaro che nel mondo dell’intelligenza artificiale, l’inganno più grande è fingere che tutto sia già automatizzato.
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