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Il nuovo saggio

“La Prima Guerra Civile”: Gianni Oliva riapre un capitolo "opaco" dell’Unità d’Italia

Un viaggio nel Mezzogiorno postunitario, tra rivolte contadine, brigantaggio e la dura repressione del nuovo Stato italiano

“La Prima Guerra Civile”: Gianni Oliva riapre un capitolo "opaco" dell’Unità d’Italia

Gianni Oliva alla presentazione della sua nuova opera

Con il suo nuovo saggio "La Prima Guerra Civile", Gianni Oliva torna a mettere mano a una delle pagine più controverse e opache della storia nazionale: ciò che accadde nel Mezzogiorno subito dopo il 1861, quando l’Italia era appena nata e già si ritrovava invasa da violenze, rivolte e repressioni. Un passato che i manuali scolastici hanno spesso definito in breve con la parola “brigantaggio” ma che, nella lettura dell’autore, assume le dimensioni di un vero e proprio conflitto interno, una guerra civile capace di minare dalle fondamenta il nuovo Stato unitario.

Oliva ricostruisce un’Italia meridionale profondamente delusa dalle promesse del Risorgimento. L’unificazione, salutata come un ingresso nella modernità, per gran parte delle popolazioni del Sud significò invece un brusco cambio di regime: l’immediata applicazione delle leggi piemontesi, nuove tasse, la leva obbligatoria, la cancellazione improvvisa delle autonomie locali. Quella “piemontesizzazione”, pensata come passo necessario per unificare il Paese, si tradusse per molti in un aggravio insostenibile, un trauma civile che generò un diffuso sentimento di ostilità verso il nuovo Stato.

L’immagine che emerge dalle pagine del libro è quella di un Sud ridotto a teatro di operazioni militari. Eppure, come sostiene Oliva, proprio da questo rimosso affiorano molte delle fratture che ancora oggi attraversano il Paese: l’incomprensione fra Nord e Sud, la sfiducia verso lo Stato, le disuguaglianze strutturali che non hanno mai smesso di alimentare tensioni e stereotipi. La prima guerra civile non si limita a denunciare ciò che è stato nascosto; invita anche a ripensare il modo in cui raccontiamo il Risorgimento. L’autore non ne mette in discussione la necessità storica, ma ne evidenzia il carattere contraddittorio, tutt’altro che lineare. L’Italia doveva nascere, ma forse avrebbe potuto farlo attraverso un percorso più attento alle condizioni del Mezzogiorno, meno segnato da imposizioni e violenze.

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