l'editoriale
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03 Giugno 2021 - 07:44
Da un lato le file per entrare nei musei, dall’altro i dormitori davanti alle vetrine. Due facce della stessa città quanto mai visibili in questo 2 giugno di ripartenza che, dopo tanto tempo, ha visto di nuovo i turisti affollare i dehors dei ristoranti e, soprattutto, i luoghi di cultura. «Stiamo aspettando da un’ora, speriamo di riuscire a entrare» dicono Gianni e Sandra, arrivati da Piacenza, in coda a Palazzo Madama per visitare la mostra di fotografia “World Press Photos 2021”. Anche davanti al Museo del Cinema si contavano numerose famiglie in attesa. «Siamo venuti qui da Pavia per andare a mangiare al bistrot di Cannavacciuolo e già che ci siamo visitiamo anche la Mole - spiega Massimiliano, insieme a moglie e figlio -, peccato che non si possa salire sull’ascensore panoramico». I biglietti per raggiungere la guglia sono infatti andati a ruba su internet. Prenotazioni online anche per l’Egizio. Davanti al museo di via Accademia delle Scienze ieri però non c’erano code. «Abbiamo prenotato sul web e siamo arrivate qui un po’ in anticipo, non vediamo l’ora di riutilizzare l’abbonamento musei» esulta Luana in compagnia della sorella e dei suoi due figli. L’entusiasmo per il ritorno alla normalità è ben visibile sui volti sorridenti dei tanti visitatori desiderosi di scoprire le bellezze di Torino. Ma basta fare due passi tra via Roma e piazza San Carlo per trovarsi di fronte a uno spettacolo del tutto diverso, fatto di povertà e disperazione. Sotto le vetrine scintillanti dei negozi spuntano un’infinità di giacigli che diventano più grandi ogni giorno che passa: Casimiro, il clochard laureato, Leonardo e Federica, la coppia dell’“appartamento” di cartoni e coperte in piazza Cln di fianco alla pasticceria di Igino Massari. Sono tanti gli homeless che dimorano nel cuore del salotto buono sperando di elemosinare qualche spicciolo.
La situazione in via Roma diventa ancora più impressionante di notte, dopo il coprifuoco. Via Viotti invece anche di giorno è un vero e proprio dormitorio a cielo aperto che ospita una decina di clochard davanti alle serrande delle attività chiuse. «Dopo lo sgombero di febbraio - spiegano i senzatetto sdraiati a terra a fianco di cartoni di vino -, siamo tornati qui perché i dormitori sono pieni».
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