Il piccolo cimitero sulla collina morenica è proprio di fronte al lago di Candia. Il cuore delle terre del bianco Erbaluce. Franca Demichela veniva da lì e lì è tornata, tumulata nel camposanto del paese. La foto in mezzo alla croce bianca della tomba, la ritrae raggiante e si intravede un vestito rosso. Il suo colore preferito. Per le cronache dell’epoca, Franca Demichela è sempre stata la “signora in rosso”. Il suo cadavere era stato trovato sotto un cavalcavia di Moncalieri, in mezzo ai rifiuti. Era stata strangolata. Quel giorno, il 14 settembre 1991, pioveva e il suo abito rosso sembrava sangue, i suoi capelli castani erano inzuppati nel fango. Un delitto senza colpevoli il cui caso è stato riaperto dalla procura di Torino che intende effettuare rilievi scientifici sofisticati che trent’anni fa non erano possibili. Franca, che quando è stata ammazzata aveva 48 anni, era una donna esuberante, ricca di suo, figlia di un alto dirigente Fiat e aveva ereditato bene. Il matrimonio, invece, fin da subito, non era sembrato un granché. Una storia noir, quella di Franca Demichela, ambientata in una Torino che non c’è più e che, proprio in quegli anni, si stava trasformando. I locali frequentati dalla “signora in rosso” sono spariti. La si poteva incontrare di frequente al Mixage, nei dancing storici della città: dal Trocadero, al Tango, al Lutrario. Luoghi di ballo sì, ma anche e soprattutto, di incontri. Franca Demichela ci ha provato, almeno per un po’, ad essere donna di casa e moglie devota. La domanda che ci si pone da trent’anni a questa parte, è sempre la stessa: chi ha ucciso Franca Demichela? E perché? Il marito fu scagionato perché il suo alibi fu dimostrato: «Ho dormito tutta la notte a casa di mia mamma», anche se un “supertestimone” dichiarò di aver udito, proprio quella notte, «un litigio dai toni forti e violenti tra Capra e sua moglie». La sera in cui la “signora in rosso” è stata uccisa, altri testimoni dissero che era stata vista, attorno alle 22 in un caffè (Il Mokita) di piazza San Carlo a Torino: «Era con alcuni ragazzi, erano zingari, anche se vestiti bene». Non fu difficile per gli investigatori individuare il gruppo di nomadi che si difesero dicendo: «Sì, è vero, siamo stati con lei, ma fino alle 22,30. Poi Franca se ne è andata e non sappiamo dove». Risultanze investigative più significative non sono mai emerse, se non false piste che, ovviamente, non hanno portato a nulla. Ora, però, riesaminando il fascicolo ingiallito di allora, il sostituto procuratore Francesco Pelosi, ha intravisto uno spiraglio e ha deciso di riaprire il “cold case”. Saranno esaminate tracce di dna con tecniche investigative nuove. Cinque persone sono state iscritte nel registro degli indagati: l’ex marito, Nikola Stoianovic, Radenko Nicolic, e Nenad Jovanovic, ai tempi già sospettati e, con loro, un altro zingaro. Insomma, le ultime persone ad aver visto la “signora in rosso” ancora viva.
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