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L'intervista

Cheese 2023, la direttrice di Slowfood: "Un pezzo di formaggio può salvare il pianeta"

Serena Milano: "Scegliere cosa mangiamo è un atto politico"

Cheese 2023, la direttrice di Slowfood: "Un pezzo di formaggio può salvare il pianeta"

Serena Milano, direttrice di Slowfood Italia

«Cheese non è una fiera del formaggio. È un evento culturale e politico che fa delle proposte e racconta un mondo che rischia di scomparire. Che non è il passato da salvare, ma secondo noi è un’avanguardia del futuro in un momento di crisi climatica come quello attuale. Perché queste realtà, questi produttori che qualcuno può confondere con il folclore di una nostalgia per i bei tempi andati, non sono residui curiosi, ma sono loro stessi delle avanguardie per il nostro futuro». Nella voce di Serena Milano si percepisce la tensione di chi sta organizzando qualcosa di estremamente importante. Diversa dalla preoccupazione che qualcosa non fili liscio, visto che Cheese è arrivato alla 14esima edizione, e i meccanismi per accogliere migliaia di persone sono ben oliati. La voce ferma, determinata, battagliera è piuttosto quella di chi è consapevole che dal 15 al 18 settembre, a Bra e Pollenzo, si celebrerà qualcosa di fondamentale. E di urgente. Perché il tempo stringe. In montagna, sugli alpeggi, che il cambiamento climatico sia in atto l’hanno capito anche gli scettici, quando hanno visto arrivare le autobotti. E allora Cheese diventa anche una occasione per aiutare tutti a comprendere che serve una svolta. Che non c’è più tempo per capire che consumare è diverso da mangiare. Che il buon cibo non è quello dei gusti omologati, del latte ucciso dalla pastorizzazione che cancella le sfumature dei sapori e la storia di chi lo produce. I buoni cibi, mai come oggi, coincidono con i cibi buoni. Che fanno bene, per davvero. A chi li mangia. Ma anche agli altri. Agli animali, al clima, ai territori.
Serena Milano, direttrice di slow food Italia, per 20 anni ha seguito i progetti sulla biodiversità.


Un tema centrale anche in questa edizione...
Cheese nasce nel 1997 proprio per fare conoscere la biodiversità dei formaggi. Nel ’97 un carrello dei formaggi con una selezione era qualcosa che succedeva solo in Francia. Fin da allora, abbiamo puntato tutto sul dire, e far capire, che dietro a tre ingredienti, ossia latte, caglio e sale, c’è un universo di forme, sapori, tecniche. Che con gli stessi ingredienti, a seconda del saper fare, può venire fuori una mozzarella, una fontina o un parmigiano.


A latte crudo, ovviamente, come non vi stancate di dire. Ma perché non pastorizzare è così importante?
Se pastorizziamo il latte lo omologhiamo, spezziamo completamente il legame con il territorio, sprecando il lavoro, la fatica di aver portato gli animali al pascolo e a quel punto abbiamo un latte morto, che avrebbe potuto essere prodotto in qualsiasi parte del mondo e per essere riportato in vita richiede si inseriscano i fermenti, altrimenti non caglia.

Il claim, quest’anno, è “Il sapore dei prati”. Perché?

Perché i prati sono il quarto ingrediente. Quando parliamo di piccole produzioni di formaggio, stiamo parlando di una percentuale molto bassa, circa il 3% del consumo, e la parte di chi porta al pascolo gli animali è ancora più piccola. Questo significa che noi, di fatto, abbiamo preso degli erbivori come i caprini, i bovini e gli ovini, e li abbiamo trasformati in consumatori di mais e soia. Con tante gravi conseguenze economiche e sociali.


Quali?
Il mais e la soia arrivano per più del 90% dal Sudamerica, con enormi spese di trasporto e costi ambientali, visto che queste monocolture sono realizzate a spese della foresta amazzonica. Parlare di un piccolo argomento del prato, significa affrontare tematiche molto più grandi. Perché puntare su un’alimentazione diversa significa andare nella direzione opposta e dare una risorsa a tutta l’economia montana.

Perché sono così importanti i pascoli?
Un prato ricco di biodiversità ha una grande capacità di trattenere carbonio, maggiore di quella di un bosco, senza il rischio che lo rilasci a causa di un incendio. E un pascolo ben curato significa meno slavine, meno frane, maggiore benessere per gli animali, che qui possono uscire, brucare l’erba, vedere la luce del sole e non rimanere chiusi nel cemento per tutta la vita. Infine, i pascoli hanno una funzione straordinaria per la salute delle persone: latti e formaggi che arrivano da animali che hanno mangiato erba e fieno, sono ricchi di antiossidanti, vitamine, carotene e, soprattutto, hanno un rapporto ottimale tra omega 6 omega 3, a differenza di quelli industriali.


Il cibo è la causa o la soluzione del cambiamento climatico?
L’allevamento può essere ciò che inquina e provoca danni in tutto il mondo, con le emissioni di CO2, la deforestazione, l’inquinamento, l’antibiotico-resistenza. Oppure può essere parte della soluzione, attraverso la cura del suolo, del territorio, e gli effetti positivi sulla salute.


Davvero mangiare formaggio è un atto politico?
Scegliere cosa mangiare significa votare, scegliere un modello di sviluppo piuttosto che un altro.


Però, molti non possono scegliere per i prezzi…
Forse sbagliamo punto di vista. Intanto, comprare cibo a basso prezzo è un falso risparmio. Per i costi ambientali, ma anche su di noi. Quelli che non paghiamo alla cassa del supermercato, li pagheremo in seconda battuta per le cure della nostra salute. E poi il cibo, purtroppo, è entrato nelle logiche del consumismo: si compra, si getta, si spreca. In Occidente un terzo del cibo prodotto viene sprecato. Con l’Italia che è il fanalino di coda in Europa per obesità nei bambini e nei ragazzi. Bisognerebbe mangiare meno, meglio, con più attenzione. Ne guadagneremmo molto in salute. E anche in piacere. Mangiare un prodotto buono, che ha una storia, è anche un’esperienza gradevole. Ben diverso da consumare. Già il verbo, “consumare”, è sbagliato.

Lo impareremo a Bra. Ci consigli un percorso.
Scegliere è difficile. Tutti i produttori rappresentano delle eccellenze. Comunque, si potrebbe cominciare dalla via che raccoglie i Presìdi Slow Food, con un viaggio nella cultura di tutti i territori italiani e il privilegio di poter parlare con i produttori. Poi c’è un percorso didattico sul tema del prato basato sui sensi, in cui si spiega il valore dell’erba da tutti i punti di vista. Altra tappa, la casa della biodiversità, per approfondire con le conferenze. Proseguendo nella gran sala, con una selezione di formaggi da prato stabile, ossia permanente, non coltivato. E poi ci sono i laboratori, le cucine di strada. Tante occasioni per tornare a casa con un po’ di conoscenza in più. Divertendosi molto.

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