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03 Gennaio 2024 - 16:22
La carta di identità per accedere ai social network
I cyberbulli e i “leoni da tastiera” hanno le ore contate. Almeno in teoria. Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, propone una legge “anti-hater” che presuppone la registrazione e l’accesso alle piattaforme social solamente tramite un documento di identità.
Nonostante le avanzate tecnologie della Polizia Postale permettano una veloce e facile identificazione delle persone che si nascondono dietro falsi profili, i casi di cyberbullismo sono in netto aumento: le vittime sono personaggi noti della politica, dello spettacolo, ma anche le persone comuni.
Quando è cyberbullismo?
Il termine è utilizzato per indicare azioni aggressive e intenzionali, da parte di una singola persona o di un gruppo, realizzate tramite strumenti elettronici (sms, mms, foto, video, email, chat rooms, instant messaging, siti web, telefonate). La vittima spesso si ritrova in una condizione psicologica di fragilità, con una sensazione di impotenza: il fenomeno sfrutta le vulnerabilità e le insicurezze personali di chi ne diventa bersaglio, mentre gli autori del danno si nascondono dietro avatar virtuali. Anche il fenomeno del “revenge porn” rientra negli atti riconosciuti come cyberbullismo.
Chiara Ferragni realizzò nel 2019, in collaborazione con Trudi, una bambola a sua immagine e somiglianza. Alcuni ricavi furono devoluti a finanziare le iniziative dell’associazione no profit «Stomp out Bullying».
Il discorso di Mattarella: ecco cosa ha detto
Durante il tradizionale discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha richiamato l’attenzione alle tante persone vittime di ogni insulto e violenza sulle piattaforme social. In Parlamento, la sola proposta di legge ad ora depositata è quella del senatore Dario Parrini del Partito Democratico, che parla di "un obbligo per i grandi editori del mondo di acquisire e tutelare l’identità digitale degli utenti”.
Gli ultimi anni, complice il periodo della pandemia, hanno visto un boom esponenziale di utenti iscritti sui vari portali social: questi sono stati oggetto di restrizioni e policy severe, controlli sui contenuti -spesso effettuati con l’ausilio delle varie intelligenze artificiali che individuano la non-idoneitá di un’immagine o un testo: come dimenticare le fake news che circolavano durante il lockdown, spesso talmente fuorvianti da far ritenere gli esperti le stesse come pericolose per la salute pubblica.
Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica
Haters, trolls e flaming
L’espressione “hater” mutuata dalla lingua inglese, traducibile con “odiatore” indica una persona che utilizza le piattaforme web e/o social per incitare ed esprimere l’odio verso qualcuno o qualcosa. Dispensa disprezzo e cerca di portare altri utenti verso la stessa direzione. I suoi aspetti principali sono un atteggiamento aggressivo e di inganno. Il neologismo di “Troll” è invece usato per indicare un account che è palesemente “fake” ovvero finto. Il suo scopo e la sua creazione sono atti a creare discussioni e dar adito a diatribe online. In entrambi i casi, si tratta di forme di psicopatia online. Il termine flaming deriva dalla parola inglese “flame”, la cui traduzione è “fiamma”.Il significato di flaming è dunque “infiammare”: con questa colorita metafora, ci si riferisce all’atto di offendere, insultare, provocare una persona sulle piattaforme web. Il fine è quello di infuocare gli animi e di ingaggiare discussioni anche violente verbalmente, pur mantenendosi nascosti dietro un pc.
Che tipo di conseguenze hanno le azioni degli haters?
È stato dimostrato che l’odio sul web aumenta sensazioni di tristezza, vergogna, ha un impatto definitivo sull’autostima e può arrivare a provocare persino suicidi.
Ma l’odio online non influenza solo vite umane: può arrecare danni anche in altri ambiti, basti pensare a come certe campagne di odio su internet abbiano causato il fallimento di film o dato il via alle famose fake news sopracitate. Inoltre, un’azione “ben organizzata” è in grado di dar il via alle famose “gogne mediatiche”, ovvero l’esposizione al pubblico disprezzo che colpisce solitamente persone e personaggi al centro delle attenzioni dei mezzi di informazione, spesso per reati solo ipotizzati e nemmeno sanzionati nelle opportune stanze di un tribunale.
Chi è più a rischio?
I casi di un passato per niente lontano portano in luce come il fenomeno possa davvero interessare praticamente tutti. Chiunque sia dotato di uno smartphone ed abbia una registrazione contenente dati personali - necessaria anche solo per poter avviare il cellulare alla navigazione o all’utilizzo della connessione dei dati per poter aprire applicazioni come Whatsapp, Telegram ed altra di messaggistica, che ormai fanno parte del quotidiano utilizzo da parte di milioni di utenti.
Ragazzi giovani, adolescenti, anziani poco pratici dei mezzi tecnologici e persone fragili sono gli obiettivi preferiti dai criminali della rete. E nemmeno gli adulti sono invulnerabili: noto a tutti fu il caso di Mark Caltagirone, l’inesistente uomo che corteggió Pamela Prati, portandola ad uno stato emotivo di vulnerabilità tale da indurla a inviare del denaro ad un uomo che non aveva mai incontrato di persona. O Selvaggia Lucarelli che condivide quotidianamente sulle sue piattaforme messaggi di odio e minacce, spesso inviati proprio da profili palesemente fake. Anche Giorgia Meloni è oggetto di pesanti attacchi sui suoi profili social: "Bisogna aiutare i nostri ragazzi a comprendere il duplice volto del web, strumento che non va condannato a priori ma che va reso un luogo sicuro" spiegava la premier.
E come non citare i Ferragnez, non solo in seguito all’eclatante vicenda del pandoro Balocco: Fedez in particolare ha sempre denunciato forme di violenza e odio espresse dietro tastiere di smartphone e pc e dirette ai suoi canali mentre Chiara Ferragni in alcuni video raccontava come le minacce spesso non si limitassero a lei ed al marito, ma avessero come obiettivo anche i figli della coppia. Recentemente, Gino Cecchettin ha dichiarato di essersi affidato a un’agenzia di comunicazione inglese: il padre di Giulia, la ragazza che è stata la vittima di femminicidio, ha raccontato di aver deciso di querelare tutti gli “haters” che hanno invaso i suoi account con intimidazioni e insulti diretti a lui ed alla figlia Elena, anch’essa bersaglio di odio in seguito alle sue dichiarazioni sui danni di una società patriarcale alla quale imputa la colpa della scomparsa di sua sorella e delle donne coinvolte in drammi della stessa natura.
Selvaggia Lucarelli, da anni impegnata nella lotta contro il cyberbullismo
Il Piemonte e le vittime di cyber bullismo
Nel novembre 2023 Save the Children diffondeva i dati di una ricerca condotta sul tema: gli adolescenti tra i 10 e 13 anni del Piemonte sono coinvolti in una scala di 14 su 100. Il rapporto con le inoltre riportava che oltre 7 bambini o ragazzi su 10, tra i 6 e i 17 anni, per la precisione il 70,6%, utilizzano tutti i giorni internet, e lo fanno soprattutto grazie allo smartphone. Mentre si abbassa sempre di più l'età in cui si possiede o si utilizza un cellulare.
In Italia, nel periodo 2021/2022 si stimano oltre 20000 casi gravi.
Nel 2018 ad Alpignano sì uccise, gettandosi da un ponte, Michele Ruffino: aveva solo 17 anni ed era una vittima di bullismo e cyberbullismo, da parte dei suoi compagni di scuola che non perdevano occasione per deriderlo sia di persona che sui profili social che Michele utilizzava. Sotto ai video che realizzava su YouTube lo deridono: in palestra, durante le ore di educazione fisica, gli sputano addosso. Michele scrive loro una lettera prima del drammatico gesto: ma i compagni, come si leggerá tramite le conversazioni su Whatsapp, scelgono di far finta di nulla.
Michele Ruffino aveva solo 17 anni
Cyberbullismo e violenza di genere: le conseguenze del revange port
Come per Carolina Picchio, la ragazza di 14 anni che si uccise in seguito alla diffusione di un filmato a sfondo sessuale di cui lei non era nemmeno a conoscenza dell’esistenza. Carolina a gennaio 2013, si buttó dalla finestra della sua abitazione a Novara.
Nessuno dei responsabili accertati come coinvolti fece un giorno di galera: furono applicate misure alternative al carcere, con percorsi di messa alla prova fino a 27 mesi. L'unico maggiorenne all'epoca dei fatti aveva già patteggiato con la condizionale un anno e quattro mesi.
Noto alle cronache anche il drammatico caso di Tiziana Cantone, suicida nel 2016 a 33 anni, anche lei per la diffusione dei video intimi. Il suo caso suscitò un notevole interesse mediatico, facendo sì che i parlamentari si interrogassero ed all’unanimità approvarono l’emendamento sul cosiddetto “revenge porn”.
Tiziana Cantone, suicida nel 2016 a causa di un episodio di revenge porn
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