A vent’anni si finge agente dell’Fbi per reclutare ragazzini e violentarli

«Volete salire di grado? E allora dovete spogliarvi». E quei ragazzini, 13 anni ancora da compiere, obbedivano agli ordini del loro superiore. Che li violentava, forte del suo ruolo di agente dell’Fbi. Peccato che fosse tutto finto: il fantomatico agente, 20 anni appena compiuti, aveva costruito un’organizzazione militare con tesserini, ricetrasmittenti e pistole a salve. Addestrava quei minorenni e con loro faceva ronde e soccorsi in giro per Torino. E, se loro non rispettavano gli ordini, venivano puniti.

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Il ventenne è finito nei guai dopo la denuncia di uno dei ragazzi che aveva coinvolto nella sua “organizzazione”. Un 17enne che, per mesi, ha creduto alla storia dell’Fbi e ha fatto servizi di pattuglia per Torino, indossando divise da sanitario del 118 o da carabiniere. Poi, parlando con gli altri minorenni del gruppo, ha capito che qualcosa non andava e si è rivolto alla polizia. Gli agenti hanno subito perquisito l’appartamento del ventenne e hanno trovato pistole a salve, divise, ricetrasmittenti e distintivi dell’Fbi con sopra i nomi dei membri del gruppo.

Da lì è partita l’indagine della sezione della Squadra mobile che si occupa dei reati sessuali, coordinata dal pubblico ministero Livia Locci. Gli investigatori hanno rintracciato gli altri quattro minorenni coinvolti e, insieme a una psicologa, li hanno ascoltati mentre ripercorrevano fatti che sfioravano l’incredibile. Ma tutti hanno ricostruito la stessa storia: «Lo abbiamo incontrato in una fabbrica abbandonata e ci ha arruolati nell’Fbi. Ci ha insegnato a sparare». I ragazzini erano coinvolti anche nei “servizi”: «Facevamo da centrale operativa di notte, segnando gli interventi». E, come in ogni organizzazione militare, c’erano premi e punizioni: «Se mi addormentavo o facevo tardi, dovevo dargli 20 euro che prendevo dalla paghetta» ha raccontato un ragazzino. «A me puniva sparandomi contro, i pallini facevano male» ha aggiunto un altro. Tre di loro sono stati costretti a subire rapporti sessuali per saldare i debiti e “fare carriera”. E chi si rifiutava o non svolgeva correttamente il suo lavoro, riceveva pure minacce per lui e e la sua famiglia.
Dopo aver scoperto tutto questo, confermato anche dalle chat del telefono del ventenne, la pm Locci ha chiesto e ottenuto la custodia cautelare in carcere. Ora il finto agente federale, assistito dall’avvocato Elisabetta Corbelletti, è accusato di violenza sessuale, estorsione, usurpazione di funzioni pubbliche e possesso di distintivi contraffatti. I ragazzini adescati intendono costituirsi parte civile, assistiti dagli avvocati Edoardo Carmagnola e Stefania Audisio.