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Economia & Famiglie
02 Ottobre 2025 - 13:50
C’è un’economia sommersa che non compare nei bilanci ufficiali, eppure regge la società italiana: il lavoro di cura non retribuito. Un’attività che vale 473,5 miliardi di euro l’anno, pari al 26% del PIL, e che continua a poggiare in maniera sproporzionata sulle spalle delle donne.
Il rapporto realizzato da Federcasalinghe insieme all’Ufficio OIL per l’Italia e San Marino accende i riflettori su un contributo nascosto ma fondamentale: la gestione della casa, la cura dei figli e l’assistenza agli anziani. Un insieme di mansioni che il mercato ignora, ma senza le quali il welfare crollerebbe.
Secondo l’indagine, il 71% del lavoro di cura non retribuito è svolto da donne. Non si tratta quasi mai di una scelta libera: per il 74% delle intervistate è una necessità che diventa un impegno a tempo pieno per oltre 13 anni in media. È il cosiddetto “effetto trappola”, che inizia con la nascita dei figli e spesso prosegue con l’assistenza ai genitori anziani.
Non basta: nella fascia 40-60 anni si aggiunge il “doppio carico sandwich”. Le donne si trovano a prendersi cura contemporaneamente di più generazioni, schiacciate tra esigenze familiari e responsabilità sociali. Il risultato? Oltre il 54% dedica più di 40 ore settimanali alle cure, un impegno superiore a qualsiasi contratto a tempo pieno.
Il quadro sanitario è allarmante. Il 90,6% dei caregiver di adulti e anziani non autosufficienti sono donne, spesso esposte a turni che superano le 55 ore settimanali, con punte oltre le 80. Non sorprende che crescano i rischi di burn-out, isolamento e infortuni domestici: circa il 60% delle donne caregiver ha subito un incidente nell’ultimo anno, un tasso triplo rispetto alla media nazionale sugli infortuni sul lavoro.
L’altra conseguenza è economica. Quasi una madre su due (46,5%) lascia il lavoro dopo il primo figlio. In totale, più di 3,2 milioni di persone risultano inattive a causa delle responsabilità di cura, e il 95% sono donne. Una rinuncia che pesa sul futuro pensionistico: meno di due caregiver su dieci aderiscono a un fondo previdenziale, e tra le casalinghe il rischio di povertà in età avanzata è altissimo.
Il legame tra lavoro di cura e mercato del lavoro è diretto. L’Italia ha il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa (57,7%). Se salisse almeno alla media UE (70,8%), si ridurrebbe l’impatto del declino demografico e dell’invecchiamento sulla crescita. Secondo stime OIL, senza un’inversione di tendenza il Paese rischia un calo del 9% del PIL entro il 2050.
Il lavoro invisibile, quindi, non è solo una questione di giustizia sociale: è un nodo strutturale per la sostenibilità economica.
Il rapporto individua dieci linee di azione. Le più urgenti:
Riconoscere formalmente il lavoro di cura non retribuito come contributo essenziale all’economia.
Sostenere l’ingresso e la permanenza delle donne nel lavoro retribuito, anche attraverso servizi di assistenza e maggiore flessibilità lavorativa.
Rafforzare la previdenza sociale per evitare che milioni di caregiver scivolino nella povertà.
Promuovere campagne di sensibilizzazione per abbattere stereotipi e restituire dignità a chi regge le fondamenta silenziose del Paese.
Il rapporto OIL-Federcasalinghe fotografa un’Italia sospesa tra riconoscimento e rimozione. Da un lato, il lavoro di cura non retribuito rappresenta una colossale ricchezza sociale; dall’altro, resta escluso dal perimetro delle politiche economiche.
Finché non verrà inserito nei bilanci nazionali e riconosciuto come parte integrante del sistema produttivo, l’Italia continuerà a crescere su un PIL dimezzato: quello ufficiale e quello, sommerso, fatto di ore di cura che nessun salario paga ma che tengono insieme famiglie, comunità e welfare.
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