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30 Ottobre 2025 - 18:54
 
									Il Parlamento ha approvato in via definitiva la riforma costituzionale della giustizia promossa dal governo di Giorgia Meloni. Il provvedimento introduce una modifica strutturale nel sistema giudiziario italiano: la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti, ossia i pubblici ministeri, e magistrati giudicanti, cioè i giudici che emettono le sentenze.
Al Senato, il testo ha ottenuto 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Non raggiungendo la maggioranza dei due terzi, la riforma non entrerà in vigore automaticamente. Sarà quindi necessario un referendum confermativo, che si terrà probabilmente tra la metà di aprile e l’inizio di giugno 2026. Il referendum potrà essere richiesto da un quinto dei parlamentari, da 500mila cittadini o da cinque consigli regionali. In questo caso, la richiesta arriverà dal Parlamento stesso, con maggioranza e opposizione già pronte a depositarla.
La riforma separa fin dall’origine i percorsi di carriera di giudici e pubblici ministeri. Attualmente esiste un unico concorso per accedere alla magistratura, valido per entrambe le funzioni. Dopo il concorso, si può scegliere se lavorare come pm o giudice, con la possibilità di cambiare funzione una sola volta nei primi nove anni di carriera. Con la nuova legge, i due percorsi saranno completamente distinti, con concorsi, regole e percorsi di carriera separati.
Il provvedimento modifica anche il Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo di autogoverno dei magistrati. L’attuale CSM sarà diviso in due: uno per i magistrati giudicanti e uno per quelli requirenti. Entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica, come accade oggi. Nascerà inoltre un’Alta Corte disciplinare, incaricata di giudicare e sanzionare i magistrati di entrambe le funzioni nei casi di illeciti. Si tratta di un nuovo organismo distinto dal CSM, con competenze esclusivamente disciplinari.
Un altro cambiamento significativo riguarda il sistema di nomina dei componenti dei due CSM. Non saranno più eletti, ma sorteggiati: due terzi tra i magistrati e un terzo tra i membri laici designati dal Parlamento. Il governo considera questa scelta un modo per limitare le influenze delle correnti interne e ridurre i rischi di clientelismo. Tuttavia, alcuni osservatori ritengono che il sorteggio possa ridurre il peso del merito nelle nomine e nella rappresentanza.
Il tema della separazione delle carriere è oggetto di confronto politico da decenni. L’idea fu discussa già all’Assemblea Costituente e tornò centrale dopo la riforma del codice di procedura penale del 1988, firmata da Giuliano Vassalli, che introdusse il sistema accusatorio e distinse le funzioni di pm e giudice.
La destra sostiene la riforma come un passo verso una magistratura più specializzata e indipendente. Forza Italia la considera il completamento di una battaglia storica portata avanti da Silvio Berlusconi. Azione ha votato a favore, mentre Italia Viva si è astenuta. Le opposizioni, invece, vedono il rischio di un indebolimento dell’autonomia della magistratura. Il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra hanno votato contro, denunciando il pericolo di una politicizzazione del sistema giudiziario.
A differenza dei referendum abrogativi, quello costituzionale non prevede un quorum: basterà la maggioranza dei voti validi espressi per confermare la legge. Il voto popolare sarà quindi decisivo per stabilire se l’Italia adotterà definitivamente un sistema giudiziario a carriere separate o se resterà quello attuale, con un’unica magistratura articolata in funzioni diverse.
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