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LA MANIFESTAZIONE
03 Maggio 2023 - 21:23
La fiaccolata partita dalla sede dell'Ordine dei medici di Torino
Hanno sfilato, silenziosi e “armati” di fiaccole, tra piazza Statuto e piazza Castello, partendo dalla sede dell’Ordine dei medici, per testimoniare come «non passi giorno in ospedale senza un’aggressione in ospedale». Sono medici, infermieri e operatori sociosanitari che, ieri sera, hanno voluto portare in strada le istanze di chi rischi l’incolumità al lavoro, se non la vita, ricordando la psichiatra uccisa da un paziente a Pisa, Barbara Capovani. Una manifestazione organizzata nelle principali piazze italiane con il sostegno degli Ordini Provinciali dei Medici e della Società Italiana di Psichiatria per sensibilizzare la popolazione tutta e le istituzioni sul tema della violenza nei luoghi di lavoro della sanità: ospedali, ambulatori, pronti soccorso, strutture residenziali e, più in generale, gli ambienti dediti alla cura ed alla riabilitazione di chi soffre, in particolare di disturbi mentali.
Non a caso il Viminale ha disposto il ritorno dei presidi delle forze dell’ordine degli ospedali. Dal più banale degli screzi, che può degenerare in urla e insulti tra barelle e pazienti ricoverati, a vere e proprie aggressioni fisiche, sono tornati a crescere gli episodi di violenza a danno dei “camici bianchi” nei principali ospedali e presidi sanitari della città. Basta scorrere e mettere a confronto le cifre di Aso Città della Salute e dell’Asl Città di Torino tra il 2021 e il 2022 per rendersi conto di come il fenomeno abbia avuto una recrudescenza di almeno il 19,21% a partire dalla riapertura al pubblico dopo la pandemia di Covid. Da 354 a 435 segnalazioni nel volgere di poco più di diciotto mesi tra Molinette, Sant’Anna, Regina Margherita, Cto, San Giovanni Bosco, Martini, Maria Vittoria, Amedeo di Savoia e Oftalmico, a cui vanno sommate le denunce inoltrate dagli ambulatori piuttosto che dai servizi garanti nelle carceri. Un centinaio, invece, si sono concentrate nei pronto soccorso, una vera e propria “trincea” per gli operatori, alle prese con ricoveri sempre più lenti e una maggiore richiesta da parte degli utenti.
Ancora peggiore il quadro visto dal fronte della psichiatria. Per dare la dimensione del fenomeno e comprendere quali siano i margini di rischio, bastano due percentuali, confermate dai sindacati di categoria. Quella delle aggressioni al pronto soccorso, che si attestano tra il 20% il e il 25% del numero complessivo di “camici bianchi” picchiati o insultati dai pazienti e il 30% delle violenze che si concentrano su psicologi e psichiatri da parte dei propri assistiti. Dopo l’omicidio della dottoressa Capovani per mano di un suo paziente, che l’ha colpita più volte con una spranga mentre lasciava l’ospedale Santa Chiara di Pisa, la preoccupazione è cresciuta in tutta Italia. Piemonte e Torino comprese, dove si calcolano circa 65mila cartelle cliniche a fronte di un numero di professionisti nel comparto pubblico che si è ridotto di almeno un terzo negli ultimi quattro anni.
«Tra il 2019 e il 2023 contiamo almeno 77 operatori in meno nei dipartimenti di salute mentale e delle dipendenze dell’Asl Città di Torino: una percentuale vicina al 25% se andiamo indietro negli anni» denunciano Massimo Esposto della Cgil e Francesco Coppolella del Nursind che parlano di «dati allarmanti per la “governance” pubblica» e di «segnali scoraggianti per i pazienti fragili». Numeri che, per il sindacato, «sono frutto di politiche di tagli al personale che negli ultimi anni sono ulteriormente peggiorati in quanto l’investimento in questi settori è stato praticamente pari a zero». Mentre la media italiana di personale nei servizi psichiatrici è di 60 operatori ogni 100mila abitanti, il Piemonte si piazzerebbe agli ultimi posti tra le Regioni con con 38,7 professionisti ogni 100mila baitanti, «senza tener conto dell’ulteriore depauperamento di risorse degli ultimi due anni dovuta al mancata sostituzione del “turn over”» commentano Cgil e Nursind. «Anche il confronto rispetto al numero di medici e infermieri è sconfortante. Mentre gli ultimi dati davano la presenza in questi servizi di 271 medici in Piemonte, si registrano nelle altre Regioni numeri di personale abbondantemente superiori: 594 nel Lazio, 489 in Campania, 479 in Toscana, 477 in Emilia Romagna e 297 nel Veneto. Così per gli infermieri: 736 in Piemonte contro i 1.099 del Lazio, i 1.087 della Campania, 1.016 della toscana, i 1.306 dell’Emilia Romagna e i 1.097 del Veneto» aggiungono Esposto e Coppolella, preoccupati anche dall’intenzione dell’Asl Città di Torino di accorpare in un unico dipartimento cittadino la psichiatria con i servizi per le dipendenze, già in crisi di personale con una riduzione di circa il 20% rispetto al 2019.
«Che ci sia una riduzione di personale è abbastanza oggettivo» conferma il presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense, Enrico Zanalda, senza nascondere il pericolo che altri casi come quello di Pisa possano ripetersi. «Purtroppo il rischio c’è, perché si riesce a fare meno prevenzione se il carico di lavoro è eccessivo: si seguono meno bene pazienti complicati e più sfuggevoli, c’è meno tempo medico e professionale da dedicare alle persone più complesse. E anche quei pazienti che sembrano andare meglio, finiscono per essere meno seguiti e peggiorare. Insomma, come un gatto che si morde la coda». E il problema è sempre quello della carenza di personale. «Abbiamo una grossissima difficoltà a reperire psichiatri perché mancano specialisti e anche chi si specializza è preoccupato dai turni, dal carico di lavoro e dalla differenza di salario tra pubblico e privato» chiosa Zanalda. «Molti giovani preferiscono rimanere nell’ambito privato in cui hanno maggiori introiti economici e minori responsabilità».
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