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Vine & Food
13 Dicembre 2025 - 16:50
Un intreccio di memoria contadina e visione d’impresa sta riportando al centro della scena il Ruchè di Castagnole Monferrato. La Vigna del Parroco, custode delle piante più antiche e unico cru riconosciuto dal ministero dell’Agricoltura, è oggi nelle mani di Luca Ferraris, viticoltore che ha trasformato un’eredità familiare in un progetto capace di parlare al mondo.
Un vitigno salvato due volte
Negli anni Sessanta fu il parroco del paese, don Giacomo Cauda, a sottrarre il Ruchè all’oblio. Più tardi, le tappe ufficiali ne hanno sancito l’identità: la doc nel 1987, la docg dal 2010 su sette comuni, sotto l’egida del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato. La Vigna del Parroco ne è il cuore storico: un microcosmo di vigne vecchie che conserva stile, profumi e una memoria agricola rara.
L’ascesa di Ferraris
Ferraris, perito agrario torinese, nel 2001 torna a Castagnole Monferrato con pochissima terra di famiglia e un’idea ostinata: far conoscere quel rosso secco, profumato di rosa e viola, ciliegia selvatica e spezie. Parte con poche migliaia di bottiglie, cresce rapidamente e trova nell’export la leva decisiva: prima gli Stati Uniti, poi 35 mercati. Oggi la Ferraris Agricola conta dodici dipendenti stabili, 300.000 bottiglie l’anno e un fatturato attorno a 1,6 milioni di euro. La vecchia cantina dei bisnonni, in centro paese, è diventata un piccolo museo di comunità, mentre la nuova sede è all'ingresso di Castagnole.
Il cru che fa scuola
Non è un vino “facile”: rese contenute, lavoro in vigna certosino, identità aromatica netta. Proprio per questo Vigna del Parroco è un riferimento stilistico. La solidità del progetto si riflette anche nel portafoglio etichette, dove il cru convive con altre interpretazioni del territorio, rafforzando la riconoscibilità della docg e la sua immagine all’estero.
Innovazione e sostenibilità
La spinta non è solo commerciale. L’azienda ha ottenuto la certificazione Qualitas, che misura sostenibilità ambientale, sociale ed economico-finanziaria: un traguardo che nel Monferrato è arrivato tra i primi e che suggerisce un cambio di paradigma nella filiera. Tra cantina e vigna si sperimenta su pratiche agronomiche, gestione energetica e tracciabilità, con l’obiettivo di dare al Ruchè un futuro competitivo senza tradire la sua identità.
Mercati in movimento
Tariffe doganali in aumento, dollaro volatile, nuove politiche anti-alcol nel Nord Europa: sono variabili che incidono su un vino fortemente esposto all’export. A complicare il quadro, la dimensione media aziendale in Italia resta frazionata — poco più di due ettari per chi vinifica, contro superfici ben più ampie in Francia — con effetti su costi, investimenti e capacità di presidiare i mercati. Ferraris risponde con reti tra produttori, promozione mirata e presidio dei canali: nei wine bar internazionali, racconta, il Ruchè si è ritagliato uno spazio stabile, segno che il pubblico è pronto a riconoscerne lo stile.
Un piccolo grande rosso del Piemonte
Il Ruchè non cerca scorciatoie: chi lo apprezza ne abbraccia la personalità. La storia della Vigna del Parroco dimostra che la tradizione, se accompagnata da qualità, sostenibilità e visione, può diventare motore di sviluppo per un intero territorio. Monferrato compreso.
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