«Se non mi paghi, io ti spacco la testa in due». E’ questa una delle frasi intercettate dalla Guardia di Finanza ad un gruppo di presunti usurai ed estorsori che ieri, in otto, sono finiti in manette. Un gruppo criminale che ruotava attorno alla famiglia siciliana Zichittella il cui capofamiglia Carlo, 70enne, pentito di mafia delle cosche di Marsala e Trapani, reggeva le fila. La banda avrebbe agito in modo prevalente in piazza della Vittoria, prestando denaro agli ambulanti, ma anche a negozianti e venditori all’ingrosso; tra le vittime risulta pure un distributore di caffè. Con Carlo sono stati arrestati anche i figli Giovanni e Antonina e la moglie CaterinaGenna. Il gruppo sottoposto a misura cautelare era composto, infine, da FabioGiuffrida, AntonioStriano, FrancescoBonofiglio e LuigiPangia. Il Nucleo di polizia economico-finanziaria coordinato nelle indagini dal colonnello Alessandro Langella e dalla pm ManuelaPedrotta, ha scoperto che tre degli indagati, compresa Caterina Genna, moglie di Carlo, percepivano il reddito di cittadinanza. Ai principali componenti del sodalizio, la Finanza ha sequestrato circa 100mila euro. Un gruppo singolare quello finito nel mirino della procura: Carlo Zichittella, in passato noto alle cronache per essere stato componente di una cosca avversa ai corleonesi e per aver testimoniato al processo che vedeva imputato Matteo Messina Denaro, rivelando i particolari di un attentato organizzato a Marsala contro il giudice Paolo Borsellino, dismessi i panni del pentito, si sarebbe accontentato dell’attività di cravattaro. Ma anche il figlio Giovanni è stato protagonista delle cronache. Una decina di anni fa è finito in carcere (insieme a due complici, uno dei quali è Antonio Striano arrestato ieri), per minacce nei confronti di due africani che lo avevano truffato con uno stratagemma. Zichittella li aveva individuati e minacciati con una lupara. Ma tutto ciò riguarda il passato. Oggi padre, madre, figlio e figlia, insieme ai loro sodali, devono rispondere d’altro: di prestiti che, in alcuni casi, raggiungevano il 240% di interessi sul capitale e di minacce nei confronti di chi non pagava. A difendere il gruppo, l’avvocato Saverio Ventura (Zichittella, Giuffrida e Striano) e, per gli altri, l’avvocato Piero D’Ettorre. Ieri mattina al mercato di piazza Vittoria, proprio di fronte al bar (i cui titolari sono completamente estranei ai fatti) che Carlo Zichittella utilizzava per ricevere i “clienti”, quattro persone vicine alla “famiglia” già parlavano tra loro per trovare un modo per «far uscire Carlo e Giovanni». Diceva, neppure troppo sottovoce, un uomo con un cappellino da baseball sul capo: «Basta che chi li accusa dica al giudice che si è sbagliato, lo deve dire». Magari qualcuna delle vittime un passo indietro lo farà, ma ad accusare il gruppo, in maniera «grave, precisa e concordante», sono più di dieci persone. Tra i banchi del mercato, invece, tra commercianti e clienti, prevaleva lo stupore e il nome Zichittella non lo ha pronunciato nessuno. E dire che il mercato Vittoria certo non è la “Vucciaria” di Palermo. «Non so nulla, non ho mai sentito niente di simile e non ho visto le macchine della Finanza. Mamma mia che cose brutte», ha detto la panettiera della piazza che ha il negozio accanto al “bar-ufficio” degli usurai. Anche uno dei verdurieri non ne sa nulla, «però stamattina ho visto un po’ di movimento vicino alle case popolari, c’erano delle auto della Guardia di Finanza, ma non so perché». Una fruttivendola cade letteralmente dalle nuvole: «Non ho visto nulla e dire che sono qui quasi dall’alba. No, non conosco nessuno che presti soldi in questa zona e non ho mai sentito dire una cosa simile». La titolare di una rivendita di formaggi aggiunge: «Non conosco nessun usuraio e neppure so se qualcuno che ha l’attività qui al mercato abbia contratto prestiti». Insomma, nessuno degli ambulanti sa o vuole aggiungere qualcosa; anche i negozianti sembrano, a dir poco, esterrefatti: «Mai saputo di storie di usura da queste parti», aggiunge la titolare di una vineria e, la stessa cosa l’affermano i gestori di due dei tre bar della piazza. Eppure, in un passaggio dell’ordinanza cautelare si legge che in pizza Vittoria «non si muove foglia che Carlo Zichittella non voglia».
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