Prima del foro, c’era il foro… boario. Sì, perché prima che in corso Vittorio Emanuele II venisse costruito l’attuale Palagiustizia, l’area era destinata al bestiame. Era naturale: nel 1869, quando fu progettato il foro boario, questa zona - definita di Sant’Avventore - era abbastanza periferica da essere considerata quasi campagna. Insieme al foro boario, venne eretto il mattatoio: occupavano, rispettivamente, l’area tra via Principi d’Acaja, corso Vittorio e via Cavalli e la superficie tra via Principi d’Acaja, corso Vittorio, corso Inghilterra e via Avigliana (via Cavalli era interrotta proprio dal caseggiato del mattatoio).
In breve, l’area cambiò nome e divenne il «centro grandi servizi», perché qui si trovavano anche le carceri, le officine delle ferrovie dell’Alta Italia, la Banca nazionale del Lavoro e, poco oltre, la stazione. C’era anche una caserma: la Pugnani-Sani, già caserma Cavalli, che si affacciava su corso Vittorio e corso Ferrucci ospitando, tra le altre cose, anche il panificio militare: anch’essa sarà demolita per lasciare posto al tribunale. Unico ricordo che resta della vecchia caserma è l’intitolazione della via che ancora oggi attraversa il quartiere Cit Turin. Passare in questa porzione di corso Vittorio non metteva molta allegria: i lunghi e monotoni caseggiati della caserma, delle carceri, del foro e del mattatoio rendevano quest’angolo di città, ormai centralissimo, abbastanza triste. Eppure, qui si radunava sempre una gran quantità di gente: non a caso, il foro boario di Torino attirava gente da Chivasso e Moncalieri, ed in breve sostituì i due locali mercati del bestiame, assai frequentati. Il progetto dell’ingegner Edoardo Pecco, che lo aveva realizzato, venne lodato per la sua funzionalità e fu preso ad esempio per altri simili mercati in alcuni paesi d’Europa.
Il foro boario restò in piedi per poco più di un secolo: nel 1973 la struttura venne demolita, lasciando una grande superficie vuota nel cuore della città. Insieme al mercato, sparì anche il mattatoio civico; ormai la città si era estesa a dismisura, e questa struttura non poteva più trovare posto in una zona pressoché centrale: troppe erano le proteste. Una decina di anni dopo, anche la caserma Pugnani gravemente bombardata nel corso dell’ultimo conflitto - seguirà lo stesso destino. Al loro posto, oggi sorge il nuovo palazzo di Giustizia. Lungo 300 metri, con sette piani fuori terra e tre interrati, è realizzato in mattoni con ampie vetrate riflettenti. La «cittadella della giustizia» torinese è sorta negli anni ’90 ed è stata intitolata al magistrato Bruno Caccia, ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1983. Veniva così abbandonato l’antica sede della Curia Maxima, in via Corte d’Appello 16: l’edificio settecentesco voluto da Vittorio Amedeo II ospitava, sul retro (ingresso da via San Domenico) le antiche carceri senatorie.
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Le carceri erano già state spostate nel sito de Le Nuove già nel 1870; per il tribunale, dunque, il trasloco fu più lento ma, anche a distanza di un secolo, la vicinanza tra il palazzo di giustizia e le carceri è ancora evidente. Anche se penitenziario oggi si trova in periferia, alle Vallette, esse rappresentano un monito: a separare il tribunale dallo storico carcere c’è soltanto un incrocio.
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