l'editoriale
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27 Gennaio 2017 - 15:30
La decapitata del lago, questa la macabra definizione con cui sarà ricordata Antonietta Longo. Una giovane donna che negli anni 50, in piena ripresa economica del Paese, lascia la Sicilia, inseguendo il sogno del benessere. La Longo si trasferisce a Roma per migliorare la sua vita, ma trova la morte. Una fine orrenda. La donna viene ripetutamente pugnalata e poi decapitata. Il cadavere, senza testa, verrà ritrovato il 10 luglio del 1955, sulla riva del lago di Castel Gandolfo. Per coprire la mutilazione, l’assassino ha usato la pagina di un giornale, del 5 luglio. Quella sarà considerata la data dell’omicidio.
Una vicenda che ispirerà Federico Fellini nel film “Le notti di Cabiria”, al centro della ripresa, è una meta ambita da gente sperduta, impaurita, solo con la valigia di cartone. Nelle pieghe di una società che progredisce, c’è ancora ferocia, vendetta spiccia, il coltello facile. Molte delle donne uccise in quel periodo sono proprio quelle che hanno cercato a Roma la loro fortuna. Trovano lavoro come domestiche, allora si chiamavano “cameriere o serve”. Altre diventano prostitute.Sono disorientate e tutte sognano il vero riscatto sociale, quello che si ottiene solo con il matrimonio. Sono le nuove Cenerentole. E probabilmente, proprio da quello che doveva essere il suo Principe Azzurro, è uccisa, a 30 anni, Antonietta Longo, sulla riva del lago di Castel Gandolfo. La Longo era la domestica della famiglia di un medico. Prima di essere uccisa, aveva ritirato i suoi soldi e aveva scritto alla famiglia: «Mi sposo». La lettera porta la data del giorno dell’omicidio, il 5 luglio. Perché la Longo ritira i soldi, per il matrimonio o per l’aborto? Cosa le aveva promesso l’assassino? Interrogativi che rimarranno tutti senza risposta. La raccapricciante scoperta del cadavere della Longo, è scioccante per i romani. Il lago di Albano, meta di vacanze, diventa un luogo che evoca immagini angosciose. Un corpo di una donna decapitato, un delitto efferato, l’assassino sparito. Decine di particolari inquietanti arricchiscono, piano, il giallo del Lago. Dall’autopsia viene fuori che la Longo aveva appena abortito. Al polso aveva un orologio col cinturino cambiato.
Le unghie erano perfettamente smaltate... I cronisti indagano e imbastiscono la trama. Scavano nel passato della vittima. I lettori sono ormai assetati di dettagli. L’unico sospetto cade su un certo fidanzato Antonio, che però non viene mai accusato. Non ci sarà mai un processo. Il caso entusiasma la cronaca di Roma, perché particolarmente cruento e misterioso, ma Antonietta non è che una delle tante vittime di quell’epoca di trasformazione. La Longo è un simbolo, una vittima delle ambivalenze di un Paese in crescita e di una città come Roma che cambia, ma che, nello stesso tempo, mantiene un tessuto antico di violenza. Un pezzo di storia d’italia, che si racconta anche nella cronaca nera.
È un’epoca in cui nascono nuovi valori, destinati a sostituire quelli antichi e trasformare radicalmente la società. Proprio tra gli anni 50 e 60, aumentano il consumo di abiti e cosmetici, le donne vedono nella cura esteriore un’altra possibilità di affermarsi. E proprio a questo desiderio di affermazione, donne come la Longo, in quell’epoca di cambiamento, hanno sacrificato la loro vita. Favole di Cenerentole, senza lieto fine.
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