«Lo spaccio per strada, di fatto, è liberalizzato». Luigi Mitola, dirigente della Squadra mobile della polizia, non gira intorno al problema. Anzi, lo fa emergere chiaramente, pur premettendo che la sua non è «una valutazione di merito ma la fotografia di un fenomeno». Il risultato rimane: «La nostra possibilità di reazione al mercato della droga è fortemente influenzata dalla norma: il comma quinto dell’articolo 73 del Testo unico degli stupefacenti ha introdotto il reato di lieve entità e quindi l’impossibilità di applicare misure cautelari incisive. Di fatto, si liberalizza lo spaccio “al minuto”». Un esempio concreto: «Se il pusher cede mezzo grammo di droga per cento volte, sono cento reati di lieve entità. Quindi può continuare a fare il suo lavoro quotidiano». Parole che trovano conferma nell’ultima operazione resa nota dalla questura, che ha visto l’arresto di 90 pusher a Barriera di Milano e l’immediato ritorno in libertà di 12 di loro: «Chi deve reprimere il fenomeno della droga, ha le armi spuntate - ammette ancora Mitola - Noi possiamo arrestare in flagranza di reato ma, se si tratta di fatti di lievi entità, al massimo otteniamo un obbligo di firma. E ci troviamo al paradosso per cui gli spacciatori vengono a firmare con la droga in bocca, escono e tornano a fare il loro lavoro». Come si risolve? «Difficile dare una risposta. La nostra legislazione è particolare perché la legge è nata nel 1990 con l’obiettivo della repressione totale, sia per chi vende la droga sia per chi ne fa uso. Ma il referendum del ‘93 ha cambiato le carte in tavola e reso la norma incongruente: ora la gente è libera di fare uso di droga ma non può comprarla perché la vendita è vietata. Ma, con il fatto di lieve entità, chi vende la droga al dettaglio non è penalmente perseguibile». Prosegue il dirigente: «Non spetta a me fare valutazioni ma forse questa interpretazione del comma quinto è un po’ troppo generosa: non ricordo pusher coi banchetti e tossicodipendenti che comprano mezzi chili alla volta. È ovvio che lo spaccio venga fatto in piccole quantità. E non credo che la legge intendesse dire che ogni compravendita di droga fosse un fatto di lieve entità». Intanto le forze dell’ordine vivono una situazione frustrante che Mitola non nasconde: «Ci danniamo l’anima per eliminare fenomeni che impattano gravemente sulla vita della città e sul senso di sicurezza: lo dimostrano lamentele, segnalazioni ed esposti di chi vive nei quartieri colonizzati dai pusher. Noi possiamo rispondere parzialmente, con un’attività più dissuasiva che repressiva: spesso non possiamo fare altro che “spostare” lo spaccio. Oppure a compiere arresti che durano 48 ore. Poi gli stessi soggetti ritornano a commettere gli stessi reati».
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