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Condannato l’assistente di Vattimo «Sposarci ora? Dobbiamo pensarci»

Condannato l’assistente di Vattimo «Sposarci ora? Dobbiamo pensarci»

«La sentenza l’abbiamo aspettata. Adesso c’è e valuteremo le prossime mosse. Di sicuro non cambierà nulla nel rapporto tra me e Gianni. Dell’unione civile ne parleremo, più tardi, tranquillamente insieme. Oggi Gianni non c’è perché nel nostro palazzo si è rotto l’ascensore ed è rimasto a casa». L’inconfondibile cappello, un completo scuro, il braccio che sorregge la madre, che spesso lo accompagna alle udienze. Simone Caminada parla poco, prima di uscire in fretta dal Palazzo di giustizia dove è appena stato stabilito che è colpevole di avere raggirato a scopo di lucro il suo compagno, il filosofo Gianni Vattimo.

Secondo la procura, e anche secondo il tribunale di Torino, il 38enne Caminada avrebbe plagiato - per «procurarsi un profitto» - l’anziano docente, che soffrirebbe di una sorta di «fragilità psichica», dovuta all’età e alla malattia neuro-degenerativa di cui è affetto. E lo avrebbe fatto con lucidità, volutamente. E per questo motivo Caminada - ha dichiarato ieri la giudice Federica Gallone - è da giudicarsi «responsabile dei reati a lui ascritti». Al compagno del filosofo sono stati inflitti due anni di reclusione e 900 euro di multa per circonvenzione di incapace.

La pena tiene conto del fatto che a Caminada sono state concesse le attenuanti generiche, probabilmente perché è incensurato. La giudice ha accolto in pieno la tesi dei pm Dionigi Tibone e Giulia Rizzo, che, in un anno di processo, hanno dato battaglia alla difesa (avvocata Corrada Giammarinaro) tentando di dimostrare un presupposto indispensabile, la conditio sine qua non di questo tipo di reato: se non la cosiddetta «infermità», la «vulnerabilità» di Vattimo, che, come sostiene il perito, sarebbe molto lucido a livello intellettuale, ma dal punto di vista emotivo «fragile e circonvenibile». E di questa emotività, che lo renderebbe debole, si sarebbe approfittato l’imputato, che, intercettato al telefono, ascoltava la madre dirgli: «Vedrai che vive ancora dieci anni, per venti o dieci dura ancora. E te che fai?».

«Io? Vivo fino a 40 anni con 5mila euro al mese», le rispondeva Caminada, che si è sempre professato innocente e che ieri ha dichiarato: «Faremo appello, ne parleremo con l’avvocata, sperando che qualche volta la giustizia riesca a fare colpo». «Non credo che nel nostro caso ci siano state discriminazioni - ha aggiunto - perlomeno riguardo al nostro rapporto, ma c'è stato un falsare la verità fin dall'inizio. Non mi sono pentito di niente. Non è una notizia che sconvolge la nostra quotidianità». Nel pomeriggio, dopo avere letto il dispositivo, Vattimo, dalla propria casa, ha commentato: «Me l’aspettavo. Non ci si può aspettare che cambi tutto in un giorno. La sentenza non ha rivoluzionato niente. Certo che però, quando la si vede scritta, fa un po’ impressione... anche se poi passa». «Mi dispiace - ha concluso il filosofo - non mi sembrava il caso, ma è accaduto, succede». E a chi ha domandato del matrimonio con Caminada, che era stato “bloccato” dalla procura, Vattimo ha risposto: «L’unione civile? Non ci ho pensato a dove farla...immagino che sarà in un posto periferico. Non so una data». «No comment!», ha ribadito Caminada, che non vuole svelare nulla a riguardo.

Per conoscere le motivazioni della sentenza, occorrerà attendere 90 giorni. Il consulente tecnico dell’accusa aveva stimato che, tra il 2015 e il 2018, 160mila euro sarebbero stati prelevati dal conto di Vattimo e spesi da Caminada in «regali». Alla somma andrebbero aggiunti altri denari, frutto di disinvestimenti. Caminada si sarebbe infine fatto intestare una polizza sulla vita da 415 mila euro, di cui sarebbe beneficiario al 40 per cento, oltre a un testamento in cui Vattimo lo nominerebbe erede «disponendo in suo favore orologi, opere d’arte, quadri» e altri oggetti di valore, tra i quali un taccuino di Fidel Castro.

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