l'editoriale
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13 Novembre 2022 - 08:23
Il tarlo si insinuò nella sua testa all’ingresso degli spogliatoi. Alle spalle, il boato dei 56mila di Highbury. Tifosi che si spellavano le mani non per la vittoria della loro squadra, ma per lo spettacolo al quale avevano assistito, da una parte e dall’altra del campo. I maestri del football dell’Inghilterra battono i Campioni del Mondo in carica dell’Italia per 3 a 2. Sì, ma in che modo? Così Eddie Hapgood, eroe di casa con la maglia dell’Arsenal e per la prima volta capitano della Nazionale dei Tre Leoni, si siede sulla panca davanti all’armadietto e, tenendosi il naso ancora dolorante per uno scontro di gioco, inizia a scuotere la testa pensieroso.
“Ma siamo ancora noi, i maestri del calcio?”. Al termine dell’amichevole giocata su un campo pesantissimo, fango e ghiaccio, il 14 novembre 1934, quella domanda sembrava perseguitarlo. Certo, all’inizio tutto si era messo per il meglio per la Nazionale che si sentiva troppo superiore per partecipare a qualunque competizione internazionale, Campionato del Mondo compreso. Al primo minuto il portiere azzurro Carlone Ceresoli era già stato chiamato a respingere un calcio di rigore, e un minuto più tardi l’Italia perdeva una delle sue punte di diamante, Louisito Monti, per un fallaccio che letteralmente gli maciullò l’alluce del piede sinistro. Ai tempi non erano previste sostituzioni. Poi il resto fu il solito copione imposto dall’Inghilterra agli avversari. Goal al minuto 8 di Eric Brook, “L’uomo del Nord” del Manchester City, che batte Ceresoli anche due minuti più tardi. Altri due minuti e segna il beniamino dei Gunners, l’attaccante Ted Drake. Tre reti in 12 minuti. Con gli azzurri che cercano di resistere alle furie d’Albione fino all’intervallo.
Negli spogliatoi qualcosa cambia. Con il suo piglio da ufficiale degli alpini in congedo, il Ct Vittorio Pozzo da Ponderano provincia di Biella indica la strada tecnico-tattica per uscire da quell’incubo. E il verace Borghiciano Attilio Ferraris IV, da buon capitano, sprona i compagni come fa quando gioca nella sua Roma: “Chi desiste dalla lotta è un gran fijo…”. La cura pare subito funzionare. Inizia anche a piovere, ma seppur in dieci gli Azzurri sembrano non aver più paura. Anzi, sono gli inglesi che devono chiudersi nella loro area, intimoriti e incantati dal talento cristallino di quel ragazzino che folleggia tra le linee. Lui è il Balilla, lui è Giuseppe Meazza, che al 58esimo segna su passaggio di Mumo Orsi e, quattro minuti più tardi, acciuffa il due a zero deviando una punizione proprio di Ferrari. A dire no al pareggio sarà solo la traversa, oltre che a una superlativa prestazione del portiere Frank Moss, alla sua ultima presenza in Nazionale.
La “Battaglia di Highbury” era finita così, con una vittoria di misura che non era la sconfitta di nessuno. Per questo Eddie Hapgood non riusciva a togliersi quel tarlo dalla testa: “Ma siamo davvero noi, i maestri del calcio”. La risposta definitiva l’avrebbe avuta proprio il 14 novembre, ma di 39 anni dopo. Quando per la prima volta gli Azzurri sconfissero in casa l’Inghilterra a Wembley con un goal di Fabio Capello, per una vittoria che fu naturalmente dedicata ai “Leoni di Highbury”.
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