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Kabulli e pupe

Kabul

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Non capisco il tono tragico con cui i Tg raccontano l’occupazione di Kabul da parte dei talebani. Che interessi aveva l’Italia nella faccenda, salvo dover versare il sangue di 300 suoi figli per ubbidire alle bizze del suo grande alleato che voleva vendicarsi della vedova nera infilatagli nelle mutande da Al Quaeda e attaccatasi alle due gemelle? Ora la vendetta era ormai arcicompiuta, con un numero di talebani morti pari a 80 volte il numero dei caduti delle twin towers. Bin Laden scovato e ucciso. Dal 2014 la missione Resolute Support doveva solo assistere e istruire l’esercito afghano. Bella istruzione! Appena gli yankees se ne sono andati quell’esercito si è sciolto come neve al sole in un fiorire di bandiere bianche e trattative supplichevoli.

I talebani si son ripresi la nazione in tre settimane. Ed ecco alzarsi in occidente le geremiadi sulle ‘povere donne afghane’ sulle quali incombe un futuro di veli e coercizioni. Come se fossero le uniche al mondo. Stanno forse meglio le donne Pakistane? Le arabe? Le libiche? Le afromussulmane?

E le Uigure che i cinesi stanno sterilizzando per attuare un genocidio demografico? No. La realtà è che agli americani delle donne islamiche frega niente. Loro badano solo ai loro interessi, come sempre. Se ci hanno salvato in due guerre mondiali è perché gli conveniva. La prima volta in chiave antiprussiana, la seconda in chiave antinazista, ma entrambe in chiave anticomunista. Anche il piano Marshall è servito solo a sottrarre l’Italia e la Germania alle grinfie di Stalin e a crearsi un florido mercato. Non credo alle balle di nonno Biden. E su Kabul rioccupata uso le parole di Clark Gable nel finale di “Via col vento”: francamente me ne infischio.

collino@cronacaqui.it
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