Pivéla

Un amico, Sebastiano, che per età potrebbe essere mio figlio e come mio figlio Enrico ha la passione per le piòle, mi ha girato una recensione di Porta Palazzo e delle piòle torinesi fatta una giovane foodblogger che chiamerò Pivéla e che dalle foto sembra avere meno di 30 anni, ma ha migliaia di followers. Poveretti. Se abitano lontano da Torino e vogliono farsi un’idea di cosa siano Porta Pila e le piòle, hanno scelto la foodblogger sbagliata. E magari Pivéla, sventolando il suo seguito sui social, riesce anche a farsi pagare dagli osti le sue segnalazioni, o quantomeno a mangiare a sbafo. Poco male. Una volta lo facevano i tassisti, i quali alla domanda frequentissima “mi indichi un buon ristorante dove si mangia bene senza pagare troppo” davano un indirizzo (o addirittura portavano il turista sul posto) dicendo “è un mio amico, dica che lo manda Carlin il tassista e le farà lo sconto”). Poi passavano ogni tanto a mangiar gratis. I food blogger e gli influencer non hanno inventato niente, così come i personal shopper, che ti portano in negozi dove hanno la stecca e si fanno anche pagare da te. Seba almeno non mi costa niente, non ha stecche e mi ha indicato sempre buone piole in giro per il Piemonte. Abbiamo gli stessi gusti. Infatti anche lui era esterrefatto per il post di Pivéla, che a Porta Pila cita solo ristoranti etnici (come se il ‘genius loci’ fosse quello) e consiglia come piola una salumeria che serve su tre tavolini quel che ha sul banco. Ai soma nen, Pivéla. Ma per i tuoi coetanei hai ragione tu: è gente che chiama tomini elettrici le fette di ricotta con la rubra sopra e vuole il bagnét verd senz’aglio. Contenti voi…

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