Servizi sanitari a confronto

Solo mercoledì scorso me la sono presa con la nostra sanità pubblica. Un mio amico e lettore mi ha scritto una lettera che merita di essere pubblicata qui. Si chiama Roberto, e ha un figlio che studia a Oxford. Per stare vicino a lui la moglie Giusina si è trasferita lassù. Ed ecco la lettera: “Sai che mia moglie e mio figlio vivono a Oxford. Diobono, la culla del sapere occidentale! Lo scrigno della democrazia e della civiltà! Eppure senti: mia moglie cade in giardino il 24/6 e la tengono con l'arto scomposto per frattura del femore 6 giorni in un letto perché non ci sono chirurghi. Una volta finalmente protesizzata, fisioterapia una volta alla settimana. Alle Molinette te la fanno ogni giorno. Poi la mandano in riabilitazione in un ospizio per vecchi. Fisioterapia una volta ogni 10 giorni. Cerchiamo una fisioterapista privata. Anche pagando non la troviamo: per la Brexit tutti i non britannici sono tornati a casa. Ne trovo una indigena: una volta a settimana a 75 sterline ora. Il 24 settembre mio figlio cade e si frattura la caviglia... cerco un vescovo per benedirli, ma è a un convegno per i diritti LGBT. Operazione dopo 5 giorni di dolore. Fisio solo once a week. Una notte Giusina ha tanto male alla ferita, chiama il 118, ma non ci sono ambulanze. Alla TV vede una fila di 12 ambulanze in attesa per ore col paziente a bordo per essere ammesse al Pronto Soccorso dell'ospedale di Oxford, ospedale n. 2 del UK. Ah: durante il ricovero, a mia moglie serviva una purghetta. Risposta: le abbiamo finite. Mando mio figlio a comprare un clistere... no, non si può, viola il protocollo. Zeus, noi abbiamo una sanità da Svizzera. E non lo sappiamo”. Così imparo a non lamentarmi di gamba sana.

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