Cibo per tarli

Chissà che fine ha fatto la “collezione di carrozze” che andava in rovina nell’ex cascina Marchesa, quella dove adesso c’è la sede della Juve. Il proprietario era un furbo rigattiere canuto che aveva anche centinaia di biciclette. Chissà quanto gli avran dato di buonuscita per convincerlo ad andarsene. Io le avevo viste, quelle carrozze, e mi sembrava francamente esagerato parlare di “collezione” per dodici esemplari malridotti. Persino l’appellativo di “carrozze” pareva pomposo. Non ci si fa neanche un museo, con quei roclò. E poi di carrozze in Piemonte ne sopravvive solo più qualcuna scoperta, usata qua e là per matrimoni burini e carnevali, a botte di mille euro a servizio. Qualcun’altra viene affittata per i film, e stop. Difficile anche venderle: chi vuoi che le collezioni, oggi? Sono delicate, ingombranti, complicate da mettere in strada (esigono cocchieri consumati e cavalli particolari), costosissime per la manutenzione e ormai estranee, come le portantine, al mondo dei ricordi diretti. In un padiglione della Fiera di Verona ne giacciono da anni centinaia, e superbe: berline istoriate, diligenze, landò, calessi da parata… Le vidi nel 1985. Dal capannone veniva un ronzio come di grandi trasformatori elettrici. «Sono i tarli - disse il direttore - che se le stanno mangiando poco per volta. Il Comune le ha avute in eredità da un collezionista, ma non ha i soldi per allestire un museo e così le lascia qui a marcire, pagando milioni d’affitto». Ecco. Se si vuole onorare un mezzo di trasporto che ha servito i nostri avi, si apra un serio museo nazionale con le carrozze di Verona, scartando le più brutte. E noi mettiamoci il cuore in pace con i roclò della Continassa. collino@cronacaqui.it