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LA POLITICA

La rivolta degli studenti fuori sede: «O vado a votare o mi pago l’affitto»

La discussione in commissione consigliare per stimolare il Parlamento

Elezioni

La rivolta degli studenti fuorisede a Torino

I fuori sede vogliono poter votare. Lo hanno visto chiaramente i dipendenti comunali dell’Ufficio Elettorale quando, in occasione delle ultime elezioni politiche, hanno dovuto respingere gli studenti non residenti a Torino che gli chiedevano di poter esprimere una preferenza. «Non potevano raggiungere il loro luogo di residenza perché magari avevano un esame all’università nei giorni successivi, ma volevano votare» raccontano gli uffici tecnici in commissione consiliare. «L’unica scappatoia che potevamo proporgli, in alcuni casi, era quella di ricoprire il ruolo di rappresentanti di lista. Si vedeva che avevano voglia di partecipare, ma molti non ce l’hanno fatta».


Solo a Torino si contano oltre 33mila studenti fuori sede ed è pensando a loro che è stata depositata una proposta di ordine del giorno in Comune. «Il voto fuori sede è una risposta concreta e urgente all’astensionismo crescente di questo paese» spiega la prima firmataria dell’atto, la consigliera Ludovica Cioria (Pd). «Chiediamo al Parlamento di approvare una legge per il voto fuori sede perché tutte le persone che studiano, lavorano, si curano fuori dal proprio luogo di residenza possano sempre votare e far sentire la propria voce» conclude. Nel frattempo “Run Unito” denuncia una situazione «drammatica». Lo studente che studia fuori sede «deve scegliere tra poter partire e votare, esercitando un suo diritto, oppure pagare i libri e l’affitto» tuonano i rappresentanti degli studenti in commissione. «Chi parte per l’Erasmus può votare on line e noi no» sottolinea il paradosso Sara Marovelli di “Run Unito”.

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