Accolti a braccia aperte tra i banchi dell’Università di Torino e del Politecnico, sono oltre 34mila gli studenti fuori sede che vivono nella nostra città, secondo le ultime rilevazioni del Rapporto Rota. In vista della chiamata alle urne per il rinnovo del Parlamento, fissata il 25 settembre, si riapre per i 34.547 l’annosa questione del voto lontano da casa. Per legge infatti si può votare unicamente nel proprio seggio di residenza, ma molti - se non la totalità - degli studenti fuori sede non ha mai spostato la residenza a Torino. Neppure quella provvisoria, come accade anche in altre città universitarie in tutta Italia.
Così per gli studenti che vogliano votare l’unica alternativa è pagare (a proprie spese) un biglietto, treno o aereo che sia, e tornare a casa in piena sessione d’esame e di laurea. Le agevolazioni per fare il biglietto sono minime e riguardano unicamente le compagnie di bandiera. Scoraggia anche il fatto che si voti un solo giorno. Secondo l’analisi demografica della popolazione studentesca di Torino, ben il 54,2% degli iscritti al Politecnico, nell’anno 2020-2021, risiedeva fuori regione. Se ne contano 3.367 provenienti dalla Sicilia, 3.356 dalla Puglia e oltre mille dalla Campania.
Allo stesso modo, anche Unito annovera tra i suoi iscritti il 22,6% di fuori sede, di cui quasi mille sardi. L’unico escamotage possibile per votare a Torino è quello di iscriversi come rappresentante di lista. L’operazione va fatta sul sito ufficiale del partito prescelto, il quale assegnerà al fuori sede nominato rappresentante di lista il seggio nella città di domicilio. Prima della caduta del governo di Mario Draghi erano state presentate cinque proposte di legge a riguardo, e il governo si era detto disponibile a un compromesso. «Ci sono ancora i tempi per individuare una soluzione prima del 25 settembre» rimarca il Consiglio Nazionale giovani. Un ultimo appello prima di gridare alla piaga dell’astensionismo.
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Nel frattempo i partiti continuano una logorante guerra a colpi di tweet. «Ogni giorno vediamo aggiungere alla coalizione un partito zattera e iniziative incoerenti con quanto definito. Anche basta» scrive il leader di Azione Carlo Calenda e lancia un ultimatum al Pd di Enrico Letta. «Dopo essere partito dal “grande centro” Calenda è diventato un gregario della coalizione di centrosinistra» va all’attacco Luigi Di Maio. «Con questo atteggiamento sta solo disgregando la coalizione prima ancora che si formi» aggiunge; mentre il segretario di Sinistra italiana NicolaFratoianni invita Calenda a comprarsi una «nuova agenda» in cartoleria per sostituire quella Draghi. «Mi permetto di suggerire a tutti coloro che non vogliono regalare il Paese alla destra di smetterla con critiche e attacchi reciproci» l’invito di Bruno Tabacci, leader di Impegno Civico-Centro Democratico.
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