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In Tribunale a Torino

Pier Silvio chiama Cristina Seymandi: «Vieni al Grande Fratello », ma lei dice no. Una donna giudice decide sui soldi contesi

Una telefonata (smentita) di Berlusconi avrebbe raggiunto la Seymandi in vacanza in Vietnam

La contesa

Cristina e Massimo in Tribunale

E mentre Cristina Seymandi ha deciso, almeno per il momento, di declinare l’invito che Pier Silvio Berlusconi le avrebbe fatto di partecipare alla prossima edizione del Grande Fratello Vip, sulla vicenda l’attenzione si trasferisce in Tribunale.

Ieri Palazzo di Giustizia era pressoché deserto. Aperti solo alcuni uffici giudiziari e le cancellerie per l’ordinaria amministrazione e i provvedimenti d’urgenza. Uno su tutti fa discutere i pochi avvocati che fanno capolino nella corte centrale di Palazzo Caccia: la causa civile d’urgenza (che i legulei chiamano ex articolo 700) intentato da Massimo Segre nei confronti di Cristina Seymandi. E a sentire qualche parere qua e là, sembra proprio che la bella manager quel denaro (700mila euro), lo dovrà restituire e che il tanto richiamato “dono di nozze” c’entri come i cavoli a merenda.

La causa
«Non ci sono possibilità per lei - sentenzia un avvocato che gronda di sudore, intento ad appiccicare con la saliva le marche da bollo su un atto -, deve dimostrare che i soldi sono suoi. Ma se il giudice ha già bloccato il conto della signorina, significa che Segre ha ampiamente dimostrato la provenienza della pecunia». Il fatto è questo: nel marzo scorso Cristina Seymandi stornò 700mila euro da un conto cointestato con Massimo Segre, su uno personale alle Poste. Da marzo e fino al 27 luglio (giorno della plateale rottura del fidanzamento), Segre non eccepì alcunché).

L’8 agosto, invece, attraverso il suo legale, l’avvocato Daniele Zaniolo, ha presentato l’istanza di procedura d’urgenza e il giudice Gabriella Ratti ha bloccato (sia pur momentaneamente) il conto alle Poste della Seymandi, giudicando motivata la richiesta di Segre.

La giudice Gabriella Ratti

L’udienza
Oggi le parti sono convocate davanti alla Ratti per depositare le loro memorie e, entro qualche giorno, la giudice si pronuncerà. Potrebbe mantenere il blocco del conto, oppure dare ragione alla donna e restituirle (ma anche in questo caso solo momentaneamente) la disponibilità del tesoretto.

In ogni caso, qualunque sarà il verdetto, entrambe le parti potranno ricorrere alla procedura civile ordinaria e la causa andrà avanti per mesi.

La donazione
Sostanzialmente Segre dice: «Quei soldi sono miei, ne posso dimostrare la provenienza e non c’è stata alcuna donazione». Di rimando la Seymandi, attraverso il suo avvocato Claudio Strata, sostiene di essere in possesso di una documentazione che attesta in qualche modo che si sia trattato di una donazione e aggiunge, spiegano fonti del Tribunale, che «quel denaro rappresentava un capitale creato da entrambi per le nozze e per il dopo matrimonio e che se la cerimonia è saltata, certo con è per responsabilità della manager...».

Dunque Seymandi sarebbe ampiamente legittimata a trattenere i 700mila euro sul suo conto postale.

Cosa dice la legge
Tuttavia, sul tema, la giurisprudenza italiana è concorde nell’affermare che «i regali di nozze si restituiscono entro 12 mesi», siano anelli, denaro o quant’altro. Nel caso specifico la giudice dovrà verificare solo la provenienza del denaro e se vi sia stata una donazione (formalizzata con ogni crisma) o meno.

Tutto il resto sarebbero chiacchiere, gossip, materia per il Garante della Privacy o per il giudice penale, semmai uno dei due querelerà l’altro. Oggi in Tribunale saranno presenti i legali di “attore” e “convenuto”, forse neppure i “dominus”, ma i “giovani” dei rispettivi studi. Non ci sarà Cristina Seymandi che si trova in vacanza in Vietnam e neppure Massimo Segre lascerà il suo luogo di villeggiatura.

Il parere
«Verosimilmente - spiega l’avvocato sudato di prima, che ha terminato di appiccicare le marche da bollo -, il giudice insisterà con il blocco del conto alle Poste, e la Seymandi intenterà la causa per tornare nella piena disponibilità dei 700mila euro. Apparentemente una causa persa, ma anche un “Cavallo di Troia” utile per avviare una trattativa con la controparte e giungere ad una sorta di liquidazione da parte dell’ex fidanzato e a un risarcimento per il danno d’immagine. Ecco, i seguirei questa strada, almeno per ora».

Di fronte a Cristina Seymandi si aprirebbe una vera e propria “autostrada” che, al di là del risultato finale, le consentirebbe di picchiare duro ai fianchi e di ottenere (anche solo per stanchezza) qualcosa di più di quanto oggi contenuto sul conto alle Poste.

Tempi lunghi
«Insomma - sostiene un altro avvocato che ha appena depositato un atto in cancelleria e sta per ripartire per le vacanze in Versilia -, di questa storia ne sentiremo parlare a lungo. E’ un po’, “mutati mutandis” come per l’eredità Agnelli: non è mai finita». Certamente le cifre sono infinitamente minori, ma la vicenda presenta tutti quegli elementi che piacciono a chi si nutre di gossip e di cronaca rosa.

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