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Profondo Giallo a Chivasso
13 Ottobre 2023 - 07:12
«Durante quest’anno non abbiamo potuto far altro che cercare le parole per chiederti scusa». Inizia e si conclude così una delle numerose lettera-appello indirizzate e firmata da decine di chivassesi a Giuseppina - Giusy Arena, la “cantastorie” giustiziata a colpi di rivoltella e senza un perché, in un bosco sotto un cavalcavia alle porte di Brandizzo. È trascorso un anno da allora e le indagini sembrano essere al palo. Indizi, molti, forse troppi, ma nessuna prova concreta che possa consentire di individuare il killer, ammesso che a uccidere Giusy sia stata una sola persona. Il vecchio cronista ormai a riposo che ha scritto miglia di pagine su un giornale locale di Chivasso per più di quarant’anni, alza le braccia al cielo e dice: «Giusy se la sono dimenticata tutti».
LA TOMBA DI GIUSEPPINA ARENA A MONTANARO
Pure il municipio che, «solo dopo una nostra lettera-appello, ha deciso di dedicarle un vecchia panchina», lamentano i residenti della Coppina, il quartiere dormitorio nel borgo Sud-Est dove la “cantastorie” viveva nel monolocale al piano terra di un palazzone con i muri pittati di bianco. Le piste che hanno seguito i carabinieri, quelli del reparto operativo di Torino e quelli della Compagnia di Chivasso, sono almeno quattro. La prima, nell’immediatezza del fatto, è quella parentale. Sospetti su congiunti della vittima che si sono poi rivelati vacui e che come movente avrebbero avuto la divisione dell’eredità materna, quasi 200mila euro più una casa a Montanaro. In un secondo momento i sospetti si sono spostati nel quartiere dove abitava la “cantastorie”; sono state prese in esame liti tra vicini, invidie, gelosie e, sullo sfondo, sempre quel denaro che, «il vociferare nel quartiere» indicava nascosto sotto il materasso della povera Giusy.
SUL CASO INDAGANO I CARABINIERI
Anche in questa direzione le investigazioni si sono arenate e gli indizi sono rimasti tali. La terza pista si riferisce, invece, al passato (forse fin troppo remoto) della donna, alle sue relazioni, ai suoi amori e alle frequentazioni di un tempo ancora mantenute. Sullo sfondo emerge anche un’interruzione di gravidanza praticata quando Giusy era poco più che adolescente e che poi ha segnato per sempre la sua psiche. Sui motivi che avevano indotto la “cantastorie” ad abortire, le versioni sarebbero, però, almeno due. Il padre del bimbo sarebbe stato un uomo sposato e in vista e la relazione sarebbe stata scandalosamente impossibile. La seconda, invece, riferisce di un giovane alto e dinoccolato, anche lui di Montanaro come Giusy, ma ancora immaturo per assumersi la responsabilità di una paternità.
IL LUOGO DEL DELITTO A PRATOREGIO NEI PRESSI DI CHIVASSO (TOTINO)
Da quel momento, è certo, la vita di Giuseppina Arena sarebbe radicalmente mutata: piegata dall’umiliazione e dalla sofferenza, non si sarebbe più ripresa, conducendo, da allora, un’esistenza quantomeno sui generis. L’ultima pista, invece, è quella dell’uomo “nero”, cioè di una persona (descritta come di mezza età) notata da alcuni testimoni parlare con Giusy (quasi di nascosto) in più occasioni, ma sempre e volutamente lontano da occhi e orecchie indiscrete. Un uomo di bell’aspetto, sempre vestito di scuro (in un’occasione elegante, in un’altra casual) che arrivava e ripartiva a bordo un’utilitaria, anch’essa di color nero. Una figura evanescente che è sparita rapidamente dalle indagini, così come ne aveva fatto capolino.
LE TELECAMERE DI ZONA NON HANNO REGISTRATO IMMAGINI UTILI PER LE INDAGINI
Infine ci sono alcune lettere anonime, spedite da una manina a un giornale locale che hanno privilegiato ora l’una, ora l’altra pista, quasi a voler, invece, ottenere l’effetto opposto, cioè quello di depistare e di condurre gli investigatori lontano dalla verità. «Scusa - si legge nella lettera appello - perché il tuo assassino, chi ti ha tolto la vita nel giorno del tuo 52esimo compleanno, è ancora in libertà, e magari sta leggendo queste righe con il sorriso di chi è certo che non pagherà mai per aver premuto il grilletto, più e più volte, distruggendo il tuo volto. Scusa perché le indagini sono a un vicolo cieco. Scusa perché le telecamere, costate centinaia di migliaia di euro, pur sorvegliando sulla carta ogni angolo della città, non sono riuscite ad inquadrare nemmeno per un secondo la tua bicicletta».
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