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La morte dello statista
30 Novembre 2023 - 12:10
Kissinger e l'Avvocato
Si è spento nella sua casa in Connecticut l'ex segretario di Stato americano Henry Kissinger che lo scorso maggio aveva spento 100 candeline. Autore della celebre frase "il potere è il massimo afrodisiaco", l'eredità del machiavellico statista continuerà ad essere discussa tra chi lo considera un genio diplomatico e chi un genio del male. Astuto manipolatore e influente fino agli ultimi giorni, per l'ex quindicenne ebreo in fuga dall'Europa alla vigilia della Seconda guerra mondiale il mondo era un gigantesco puzzle in cui ogni pezzo giocava un ruolo importante e distinto verso un unico fine: gli Usa come superpotenza internazionale anche al prezzo di interventi di realpolitik sullo scacchiere mondiale giudicati da molti brutali ed illegittimi, come il bombardamento e l'invasione della Cambogia e il sostegno al colpo di Stato di Augusto Pinochet in Cile del 1973 che defenestrò Salvador Allende.
KISSINGER E GIANNI AGNELLI
In queste ultime settimane, dallo scoppio della guerra a Gaza, Kissinger non è mai intervenuto pure essendo stato uno dei protagonisti del conflitto del Kippur che vide Israele vincitrice nel 1973. Tra i suoi ultimi impegni pubblici, un incontro nella residenza a Washington dell'ambasciatrice italiana Mariangela Zappia con la premier Giorgia Meloni lo scorso luglio. Kissinger aveva un amico italiano, anzi, torinese, GianniAgnelli e con lui condivideva la passione per il calcio e il tifo per la Juventus. Insiemeavevano seguitonumerose partite dei bianconeri. «Ci siamo conosciuti nel 1969 - ricordava Kissinger -, quando accompagnai il presidente Nixon durante una visita a Roma. Ci fu una meravigliosa cerimonia al Quirinale, con molti politici e uomini d’affari italiani. La nostra amicizia si è cementata nei due anni successivi. Ogni volta che veniva in America mi chiamava. Ci siamo sempre tenuti in contatto, ma non mi ha mai chiesto nemmeno un favore. Non mi ha mai chiesto aiuto per la Fiat. Mi chiedeva di come andasse il mondo in generale. Parlavamo delle nostre vite, di quello che ci succedeva. Andavamo spesso a vedere partite di calcio assieme. In più Paesi europei. Ricordo ad esempio molte partite in Inghilterra. E poi, soprattutto, in Italia. Una volta andammo allo stadio a Torino per un match fra Juventus e Napoli che terminò con molti gol, credo sei o sette. Era una grande passione condivisa».
KISSINGER EGIORGIA MELONI
In occasione del suo centesimo compleanno sul Washington Post, il figlio di Kissinger,David, interrogandosi sulla eccezionale vitalità fisica e mentale di un uomo che ha seppellito ammiratori e detrattori a dispetto di una dieta a base di bratwurst e Wiener schnitzel, individuò la ricetta nell'inesauribile curiosità paterna per le sfide esistenziali del momento: dalla minaccia delle atomiche negli anni '50 all'intelligenza artificiale su cui due anni fa scrisse il penultimo libro, 'The age of Ai: and our human future', a cui ha fatto seguito 'Leadership: Six studies in world strategy'. Da bambino, si diceva, era troppo timido per parlare in pubblico. Straniero nella nuova patria dopo la fuga dalla Germania nel 1938, Heinz divenne Henry e imparò a esprimersi in perfetto inglese conservando sempre l'accento tedesco. Si fece largo prima a Harvard, poi a Washington, fino a raggiungere, complice Nelson Rockefeller, il tetto del mondo al servizio di due presidenti: Richard Nixon e, dopo il Watergate, Gerald Ford. Kissinger concentrò nelle sue mani ogni negoziato, rendendo superfluo il lavoro della rete diplomatica: dalla prima distensione verso l'Urss al disgelo con la Cina, culminato nel viaggio di Nixon a Pechino. Gli accordi di Parigi per il cessate il fuoco in Vietnam dopo quasi 60 mila morti Usa gli valsero un controverso premio Nobel per la Pace: due giurati si dimisero per protesta. Kissinger fu di fatto un presidente ombra, anche se la scrivania dell'Ufficio ovale restò sempre per lui un miraggio impossibile per il fatto di non essere nato negli Usa.
La sconfitta di Ford e l'elezione del democratico Jimmy Carter segnarono la fine della sua carriera pubblica, non dell'impegno in politica estera attraverso gruppi come la Trilaterale. Dopo aver lasciato il governo nel 1977, Kissinger fondò il celebre studio di consulenza Kissinger Associates, attraverso la cui porta girevole passarono ministri e sottosegretari e i cui clienti erano governi mondiali grandi e piccoli. Ed è stato proprio il suo studio a dare la notizia della sua morte. L'ex presidente americano George W. Bush ha reso omaggio alla memoria di Henry Kissinger affermando che con la morte dell'ex segretario di Stato l'America ha perso "una delle voci più sicure e ascoltate in politica estera".
KISSINGER E NIXON
Il fatto che un rifugiato della Germania nazista sia riuscito a diventare capo della diplomazia americana "parla sia della sua grandezza che della grandezza" degli Stati Uniti, ha aggiunto il repubblicano in una nota. L'ambasciatore cinese negli Usa, Xie Feng, si è detto "profondamente" rattristato dalla notizia della morte dell'ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, che ha svolto un ruolo centrale nell'avvio delle relazioni tra Pechino e Washington, esprimendo le "sentite condoglianze" alla sua famiglia. "È una perdita tremenda sia per i nostri Paesi sia per il mondo", ha scritto Xie in un post su X, in quello che è il primo commento ufficiale di Pechino sulla vicenda. "La storia ricorderà" il contributo di Kissinger alle relazioni Cina-Usa e "rimarrà sempre vivo nei cuori del popolo cinese come un vecchio amico molto apprezzato".
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