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Le coltellate in famiglia diventano un giallo: il fratello ha un alibi

Secondo i carabinieri, non può essere stato il killer appena uscito di prigione

Le coltellate in famiglia diventano un giallo: il fratello ha un alibi

Sembrava tutto chiaro: dopo essersi ritrovato un coltello in pancia, Teodoro Procopio aveva puntato il dito contro il fratello Luigi. Bisognava "soltanto" trovare il presunto aggressore, appena uscito di galera dopo 23 anni per aver ucciso la madre della compagna. I carabinieri di Nichelino lo hanno rintracciato e lo hanno portato in caserma, dove hanno scoperto che Luigi Procopio ha un alibi: il giorno delle coltellate, il 23 novembre, era in un dormitorio a Pavia. E ha dei testimoni che possono confermarlo. «Non è possibile, io l'ho riconosciuto mentre mi colpiva sotto casa» insiste il fratello, che da quel giorno è chiuso nella casa della madre.

Procopio, 55 anni, ha raccontato tutta la sua versione dal lettto di via dei Martiri 37 a Nichelino. Dove vive l’anziana madre e dov’è stato aggredito con una coltellata all’addome. E lui ha subito accusato Luigi, appena uscito di carcere dopo una condanna per omicidio. Poi ha raccontato il lungo curriculum criminale del fratello maggiore: negli anni '90 il suo nome è abbinato a furti, spaccate e rapine. Spesso con un coltello in mano, come quello che avrebbe usato l’altro giorno per assaltare Teodoro. E' stato anche arrestato per l’omicidio di Michele Boasso, gioielliere assassinato nel suo negozio di corso Dante il 28 maggio 1993. Ma venne scagionato. Invece ha fatto 23 anni di carcere per l'omicidio di Anna Maria Meneghetti, uccisa il 27 aprile 2000 lui nel suo cascinale di Piovà Massaia (Asti): lui è stato condannato insieme alla compagna Daniela Durello, figlia della vittima.

Una vita dopo, una volta scarcerato, avrebbe cercato di andare a vivere con la madre e il fratello a Nichelino. Loro non lo volevano, gli hanno mentito ma lui li ha scoperti. E, secondo Teodoro Procopio, si è vendicato con una coltellata. Non secondo i carabinieri, che dopo due settimane hanno rintracciato il 62enne ex detenuto e lo hanno interrogato. E lui ha fornito il suo alibi, confermato anche da una serie di testimoni.

«Io non ci credo al suo alibi - si sfoga ora Teodoro - Sono sicuro che sia stato lui a colpirmi, l’ho visto e ho ancora oggi il suo viso davanti agli occhi». Ma qualcosa non torna, anche nella sua descrizione: «Ho visto che aveva i capelli lunghi che gli uscivano dal cappuccio, invece pare che ora li abbia rasati». 

Ora i carabinieri hanno allargato l'indagine per capire se qualcun altro possa aver aggredito il 55enne nichelinese, che ha anche lui piccoli precedenti per furto: oltre alla vittima, ora stanno interrogando amici e conoscenti dei Procopio per vedere se può essere stato qualcun altro. E sullo sfondo aleggia l'ipotesi che Teodoro abbia voluto incolpare Luigi per "liberarsene". Anche perché non ci sono telecamere, celle telefoniche o impronte che possano risolvere il giallo in un senso o nell'altro. E stupisce anche il fatto che l'aggressore abbia lasciato il coltello a terra, anziché portarlo via e gettarlo nel Sangone per disfarsene: «Io sono sicuro e non ci sto a passare da vittima a colpevole. Se non fosse stato mio fratello, non lo incolperei mai di una cosa così grave».

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