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LA STORIA
28 Novembre 2023 - 09:30
Teodoro Procopio con la foto del fratello Luigi
Teodoro Procopio parla senza prendere pause. Tranne quando, dopo oltre mezz’ora di racconto, ripensa al terrore e al dolore che ha provato intorno alle 16 di giovedì. E si commuove: «Mio fratello mi ha tagliato la pancia, voleva uccidermi. E’ un assassino ed è libero: io ho paura».
Procopio, 55 anni, è stato dimesso dalle Molinette ed è tornato in via dei Martiri 37 a Nichelino. Dove vive l’anziana madre e dov’è stato aggredito con una coltellata all’addome. E lui ha subito accusato Luigi, suo fratello maggiore appena uscito di carcere dopo una condanna per omicidio.
Il passato dell'aggressore
«Lo avevano arrestato per l’omicidio di un gioielliere - comincia l’elenco Teodoro, mostrando un ritaglio di giornale vecchio di 30 anni che conserva nel portafogli - Poi è uscito, ha ammazzato la madre della sua fidanzata ed è stato in carcere per 23 anni. Adesso è libero e ha tentato di far fuori anche me».
Su quest’ultimo fatto, avvenuto giovedì, sono ancora in corso le indagini dei carabinieri, che da giorni cercano il 62enne Procopio. Ma il “curriculum” criminale del presunto aggressore di Nichelino, però, è storia: basta sfogliare gli archivi dei giornali per trovare i dettagli di quanto raccontato da suo fratello, anche lui finito in carcere in passato. «Ma solo per dei furtarelli, io non ho mai ucciso nessuno» assicura Teodoro Procopio.
Il fratello Luigi, originario di Melissa (Catanzaro) come tutta la famiglia, è particolarmente noto alle forze dell’ordine e anche alle cronache cittadine: dall’inizio degli anni ‘90 il suo nome è abbinato a furti, spaccate e rapine. Spesso con un coltello in mano, come quello che avrebbe usato l’altro giorno per assaltare Teodoro.
Luigi Procopio è stato poi arrestato per l’omicidio di Michele Boasso, gioielliere assassinato nel suo negozio di corso Dante. Era il 28 maggio 1993, il giovane calabrese finì in galera ma le accuse naufragarono nonostante l’uomo, all’epoca tossicodipendente, somigliasse molto all’identikit dell’assassino e gli inquirenti gli avessero trovato con un jeans intriso di sangue. Risulta anche una grave lite in famiglia due mesi prima del delitto costato 23 anni di carcere a Procopio: giovedì 27 aprile 2000 lui e la compagna Daniela Durello si erano presentati a Piovà Massaia (Asti), nel cascinale della madre di lei, Anna Maria Meneghetti. Obiettivo, chiederle dei soldi. Il rifiuto della pensionata e qualche bicchiere di troppo, secondo quanto ricostruito dagli investigatori e nel processo, aveva provocato una lite furibonda. Madre e figlia erano venute alle mani e Procopio, a sentire lui, si era messo in mezzo per difendere la compagna: «Come potevo non ammazzarla, con tutte le violenze che Daniela ha subito da quella famiglia» aveva urlato l’uomo durante un’udienza in tribunale.
La vittima era stata picchiata violentemente, sgozzata con un coltello e infine buttata giù dalle scale. I suoi aggressori avevano razziato 1 milione di lire ed erano scappati ma erano stati subito presi dai carabinieri.
Le liti in famiglia
Dal letto, il 55enne nichelinese ripercorre anni di sofferenze e liti in famiglia: «Aveva già litigato con un altro fratello, Pietro. E lo ha minacciato di aprirgli la pancia, quello che ha fatto a me. Mia mamma ha poi raccontato tutto ai carabinieri e ha chiesto che non potesse avvicinarsi a casa nostra». Poi, a metà novembre, Luigi Procopio ha scontato definitivamente la sua pena ed è uscito dal carcere: «Per non farlo venire a Nichelino, gli ho detto che abbiamo perso l’alloggio, che mamma è in casa di riposo e io sono in un dormitorio di Torino. Lui ha scoperto che non era vero e mi ha riempito di minacce per telefono: ha lasciato anche un messaggio nella segreteria, che ho fatto avere ai carabinieri».
«E’ lui, sono sicuro»
Da allora Teodoro Procopio e la madre avevano paura a uscire di casa. Tanto da passare dal retro della casa di via dei Martiri per evitare di incrociare Luigi: «Giovedì mi è sembrato di vedere, parcheggiata sulla strada, una Skoda bianca con due persone a bordo. Io sono uscito per andare al bar e sono rientrato dal cortile in auto, senza incrociare nessuno». Fino a quando è entrato nel palazzo: «Vicino alle cantine c’è un piccolo spazio buio: sono arrivato ed è uscito un uomo con felpa e guanti neri, jeans chiari e scarpe da ginnastica. Mi ha tirato una coltellata che mi ha aperto la pancia. Mi ha teso un agguato». Era suo fratello Luigi? «Aveva il cappuccio in testa ma gli uscivano i capelli bianchi. Poi l’ho visto in faccia, aveva la barba incolta e sono certo che fosse lui. Anche perché mi ha detto “fratello di merda, te la faccio pagare”». Poi è scappato di corsa: «Gli è caduto il cappuccio e l’ho visto anch’io, l’ho riconosciuto» interviene Maria, la mamma. «Poi abbiamo sentito il rombo di un’auto veloce. Di sicuro c’era qualcuno a bordo, mio fratello non ha neanche la patente».
Intanto Teodoro Procopio è riuscito a chiamare aiuto e ad arrivare alle Molinette in ambulanza: «Adesso speriamo che i carabinieri trovino il mio aggressore. Luigi ha minacciato anche gli altri fratelli, abbiamo tutti paura». E si commuove: «Mi sono preso un coltello in pancia perché ho difeso mia mamma e perché ero stanco di quell’uomo. Magari lui negherà, troverà dei testimoni che lo difenderanno. Ma io e mia madre siamo sicuri che fosse lui: devono arrestarlo».
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