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In Barriera di Milano
20 Dicembre 2023 - 17:03
Si sono smentiti fra di loro in aula, con uno degli imputati che ha ammesso tutto e l'altro che ha negato di aver anche solo sfiorato quel ragazzo: «Rapino e violento una persona e mi tengo la sua roba? Non sono mica scemo». Gli ha risposto poco dopo il pubblico ministero Barbara Badellino: «Sappiamo che era sempre strafatto di crack, dubito che fosse lucido. Per me è sicuro che ha commesso quei reati, bisogno condannarlo a dieci anni di carcere». Per il suo complice, invece, la pm ha chiesto una condanna a sei anni e due mesi.
E' arrivato alle battute finali il delicato processo per rapina, lesioni e violenza sessuale che vede imputati un senegalese di 25 anni e un marocchino di 35. Della violenza risponde solo il più giovane, che avrebbe costretto la vittima a praticargli un rapporto orale: «Mi spiace che sia finita così - ha detto oggi in aula il marocchino - Se avessi saputo, sarei rimasto l' ad aiutare quel ragazzo».
I fatti risalgono esattamente a poco più di un anno fa, la sera del 22 ottobre 2022. La polizia e i carabinieri, coordinata dal pm Badellino, hanno ricostruito quanto accaduto sulla base dei racconti del ragazzo. Matteo (nome di fantasia) ha spiegato di soffrire di depressione: «Sono uscito di casa perché cercavo una pistola e volevo farla finita» ha raccontato, disperato dopo quello che gli era successo. A quanto pare un amico lo ha accompagnato da quei due uomini, che lo hanno convinto a seguirli dentro l’ex scuola Salvo D'Acquisto, edificio abbandonato da anni all’angolo fra via Tamagno e via Tollegno nel quartiere Barriera di Milano.
Lì dentro i due uomini sono passati alle mani: il senegalese ha iniziato a picchiare Matteo con pugni e schiaffi. Poi, colpendolo a raffica sulla testa, lo ha costretto a compiere sesso orale. Anche l’altro ha colpito il ragazzo e poi ha partecipato alla rapina: secondo l’accusa, i due gli hanno portato via la cintura, cellulare, documenti, chiavi di casa, orologio, uno zainetto e il portafogli con dentro 70 euro. E lo hanno lasciato praticamente nudo, visto che gli hanno preso pure felpa, jeans, scarpe e cappellino: è così, in mutande, che Matteo è riuscito a scappare e a chiedere aiuto. Una pattuglia dei carabinieri lo ha soccorso e lo ha accompagnato in ospedale, dove i medici gli hanno riscontrato un ematoma a un occhio guaribile con dieci giorni di prognosi. Poi i poliziotti sono riusciti a rintracciare i due attuali imputati: hanno trovato il cappello della vittima nella baracca insieme al senegalese e il portafogli addosso al marocchino. E la vittima li ha riconosciuti entrambi.
«Io vivevo in una baracca dentro l'ex scuola con un mio fratello ma lì accanto ce n’era un’altra uguale vicina alla mia - ha spiegato il senegalese durante l'udienza di oggi, leggendo un testo preparato - E' lì che è successo tutto, io non c'entro. Ho sentito dire del telefono, ho visto due che scappavano e quel ragazzo in mutande. Poi ho preso la sua roba».
«E' andata così come ha detto il ragazzo - lo smentisce il marocchino - E' facile negare ma non serve a niente e non è giusto: dev’essere fatta giustizia e dobbiamo pagare per quello che abbiamo fatto. Dopo questa vicenda mi sto disintossicando, sto studiando e sto cambiando per non essere pericolo per la società. Mi spiace di cuore per quello che è successo».
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