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Chiesa
25 Dicembre 2023 - 12:17
In Duomo per la messa di Natale
"Vi ringrazio di essere qui: penso che sia un bel momento per farci gli auguri di Natale e, se è possibile,
attraverso di voi farli anche un po' alla nostra Città, alla nostra Regione, perché penso che molti abbiano
bisogno di sentire la vicinanza della Chiesa e, comunque, dei cristiani. Ho pensato di condividere con voi
appunto qualche pensiero natalizio e poi dopo, magari, possiamo chiacchierare insieme.
Una delle cose che mi colpisce di più sempre a Natale è questa, l'avrete constatata un po’ tutti. Per molti
è un giorno di festa; ci sono alcune categorie di persone che invece soffrono il Natale e le feste natalizie in un
modo particolare: sono in genere le persone più fragili, le più povere… che nei giorni - potremmo dire - in cui
si realizza di nuovo un'armonia, soprattutto familiare, avvertono in maniera più netta e più chiara l'esclusione
sociale. E per questo alcuni tra i più poveri, i più fragili, dicono: vorremmo passare in fretta il tempo del
Natale. Però mi ha colpito una persona che non appartiene a queste categorie e che l'altro giorno mi ha fatto
un'osservazione analoga; mi ha detto: vorrei che passasse in fretta il Natale. E io gli ho detto: ma perché?
Perché – ha risposto - è una corsa a comprare regali e non sai più quali fare, perché ormai abbiamo tutto, e
rispetto ai tempi normali c'è una frenesia che si incrementa. E, allora, mi sono detto che forse dovremmo un
po' tutti riprendere confidenza con quelli che sono gli elementi più radicali, più veri, del Natale, che sono
molti. Io ne vorrei richiamare uno questa mattina con voi.
Per noi cristiani il fatto che Dio mandi il suo Figlio e il suo Figlio venga a condividere l'umanità, esca -
potremmo dire - dal mondo di Dio per andare verso un altrove, è l'aspetto più radicale della nostra fede,
perché dice che tutto ciò che esiste, esiste in ragione di questa gratuità, di questa donazione, di questo dono
di Dio. Ed è per questo che il Natale è per tutti l'occasione in cui riprendere confidenza che ciò che viviamo,
a cominciare dalla nostra vita, non è qualcosa di scontato, ma è davvero qualcosa che ci è donato
gratuitamente. In più, noi sappiamo molto bene che per la fede cristiana, per la fede di noi cristiani, non
soltanto il figlio di Dio entra nell'umanità, ma entra in un'umanità ferita - se mi concedete un'immagine -
un'umanità sporcata o malata. Per cui il suo entrare dentro la nostra umanità ha a che fare anche con una
spogliazione, ma una spogliazione necessaria per incontrarci così come siamo. San Paolo dice che, da ricco
che era, si è fatto povero; ed era l'unico modo che aveva per incontrarci anche nella nostra malattia, anche
nella nostra vulnerabilità.
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C'è un racconto, che forse qualcuno di voi ha già sentito, di un filosofo danese, Kierkegaard, che racconta
di un re che si innamora perdutamente di una ragazza che però è poverissima, e si chiede come fare a
realizzare l'amore con questa ragazza poverissima. Di per sé una possibilità ci può essere, che è quella di far
diventare la ragazza ricca come lui. Però questo re si fa il problema del fatto che, facendo così, è vero che
può sposare questa ragazza, ma la può umiliare e soprattutto può essere più preoccupato di sé che non della
ragazza. Ma – dice Kierkegaard in un passaggio bellissimo, secondo me, in questo racconto – l’amore non
cambia l’amato, l'amore vero cambia l’amante. È il motivo per cui tante cose che noi chiamiamo amore
spesso falliscono: io mi innamoro di qualcuno, tanto poi lo cambio o la cambio... L'amore vero cambia chi
ama. E allora che cosa fa questo re? Ed è un racconto per dire esattamente quello che avviene nel Natale e
nell'Incarnazione: decide di modificarsi lui e rendersi simile a quella ragazza.
Ecco, se c'è un motivo - e torno all'origine di queste mie poche parole - se c'è un motivo per cui a Natale
noi ci scambiamo dei doni, e questo prima che essere una prassi consumistica invece è una prassi che ha un
grande valore religioso, il motivo è questo: che a Natale noi rigustiamo di nuovo la gratuità che riceviamo,
ma anche comprendiamo che la parte più bella e più vera di noi sta nella nostra capacità di gratuità. Mai
come quando siamo gratuiti siamo veramente noi stessi in un modo personale! E questo credo che ci farebbe
bene riviverlo a Natale, soprattutto nelle nostre società consumistiche e profondamente segnate da un
economicismo imperante, perché l'economicismo imperante funziona secondo la logica inversa: tu ti realizzi
tanto di più quanto più sei egoista. Mentre a Natale diciamo esattamente l'inverso: noi siamo davvero noi
stessi tanto di più quanto più siamo gratuiti, e per questo ci scambiamo dei doni che evidentemente
diventano un simbolo.
Ecco, pensando al Natale qui a Torino, mi verrebbe da dire: come sarebbe bello se riuscissimo insieme -
lo dico per me e lo comunico così anche a voi - non soltanto a vedere gli aspetti di egoismo, con le
conseguenze a volte drammatiche e deleterie che questo ha, ma a vedere i grandi germi di generosità che ci
sono non soltanto a Natale, anche in questa città. Anche in questi giorni, facendo qualche visita, io sono
davvero ammirato e vorrei rimanere capace di ammirazione, di stupore, di tanto bene che c’è. Sono andato
l’altro giorno al Regina Margherita: ho visto dei medici, degli infermieri… che spendono non soltanto la loro
competenza ma a volte la loro passione con generosità; ma ho visto tante volontarie, tanti volontari, tanti
insegnanti… che vanno lì e offrono a dei bambini meno fortunati la possibilità di vivere qualche momento,
qualche ora serena. Poco prima ero andato a Casa Amica: ho visto delle persone volontarie della Chiesa che
mettono a disposizione degli alloggi per chi ha bisogno di stare vicino a dei malati che hanno lungo degenza
qui in Torino. Sono andato in carcere l'altro giorno: ho visto anche lì la bellezza di volontarie e volontari che
permettono a dei ragazzi, dei giovani meno fortunati, di non sentirsi abbandonati e soli.
Ecco, mi dico: come sarebbe bello se riuscissimo insieme a raccontare anche questo! Perché questo c'è.
E c'è oggi nella nostra città, ma c'è stato tradizionalmente nella nostra città: non possiamo dimenticare che
questa è la città dei Santi Sociali, è la città appunto dell’accoglienza nei confronti dell'immigrazione… C'era
una generosità, una gratuità, nel passato e continua ad esserci.
Perché lo dico come “aspirazione” che forse il Natale ci può riconsegnare? Perché la mia sensazione è che spesso, forse, siamo anche noi un po' tutti vittime dell'economicismo imperante: siamo capaci con una critica magari incredibile di vedere gli effetti
degli egoismi - a volte drammatici e tragici - ma siamo pochissimo capaci di vedere il bene che germoglia. E
alla fine però ci intossichiamo un po' tutti la vita, a forza di non vedere anche il bene. Mi ha colpito - visto che sono fatti avvenuti di recente - che ci sono stati alcuni giovani che hanno fatto un'incursione nella Messa domenicale in Cattedrale, giovani peraltro che portano avanti anche loro delle istanze molto belle, ecologiche… (quanto abbiamo bisogno!), però in quel contesto lo hanno fatto in modo - diciamo così - un po' un po' grossolano, un po' improvvido. Però anche nel mondo mediatico questo ha avuto subito una diffusione grandissima. Nella stessa Cattedrale, dieci giorni prima, c'erano mille giovani che erano in silenzio, che ascoltavano una Parola, che solidarizzavano tra di loro… e di questo forse non è passato
niente. Ma lo dico così per dire che, probabilmente, dovremmo abituarci un po' tutti a riprendere confidenza
che la narrazione è reale ed è veramente globale quando vede anche questa generosità gratuita che c'è tante
volte nascosta. Così come mi sembra - e vado verso la conclusione - che la nostra narrazione del reale è davvero la più
corrispondente possibile alla realtà quando non enfatizza un aspetto a discapito di altri.
Ogni tanto mi colpisce, per esempio, il fatto che ci sia oggi nella cultura dominante un'enfatizzazione dei diritti individuali,
che pure hanno un peso e sono importanti, però a discapito di un richiamo a dimensioni e diritti sociali che
sono ugualmente importanti, a volte anche di più. Viviamo in contesti in cui c'è gente che perde il lavoro,
fabbriche che chiudono… e questo poi nella vita concreta e reale delle persone ha un impatto drammatico.
Io non vorrei mai trovarmi nei panni di un papà che non sa che cosa fare con i propri figli. Non sono numeri,
non sono numeri! Sono cuori, sono persone, sono relazioni familiari!Ecco penso - ed è anche l'auspicio che faccio a me e comunico a voi - che questo Natale potrebbe essere, con il suo richiamo a una gratuità originale, l'occasione per essere attenti a quelle dimensioni di gratuità ma anche a quelle dimensioni di bisogno di cura a tutto tondo che ci sono in noi e attorno a noi. E a questo proposito - e finisco davvero - mi permetto di segnalare due iniziative che mi paiono interessanti proprio in questa linea, che si svolgeranno qui a Torino a gennaio. Il 16 gennaio alle 21 ci sarà un dibattito pubblico sul tema «Qual è il bene per Torino?», che abbiamo promosso con il sindaco e con il presidente della Regione. Forse è bello ogni tanto trovarsi insieme e dire: ma qual è il bene per la nostra città? A partire proprio magari dal bene che già riusciamo a riconoscere e a vedere. E poi, invece, il 20 gennaio alle 9 ci sarà una mattinata
di riflessione con i politici e con gli amministratori pubblici dell'area torinese sull'impegno per il bene comune.
Due piccole iniziative, però forse due iniziative che vanno un po' in questa linea e spero davvero che sia una
linea che renda a tutti noi questo Natale un Natale bello e anche, per certi aspetti, nuovo. Grazie per il vostro
ascolto!"
Roberto Repole - Arcivescovo di Torino
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