Cerca

Televisione

L’addio di Amadeus, sicuri sia un male?

Un potente gruppo concorrente (Warner Bros) che in Italia possiede il Canale 9, lo ha “strappato” alla Rai

Amadeus e Fiorello

Amadeus e Fiorello

Qualcuno coniò la battuta, “I programmi televisivi? Sono quella cosa che sta in mezzo alla pubblicità”. Beh, forse non aveva tutti i torti. E’ di ieri l’ufficialità dell’abbandono della Rai da parte dell’uomo-audience Amadeus. Siamo in un paese libero e valgono le regole del mercato, se sei stanco di una situazione e ti hanno offerto di meglio è lecito fare altre scelte. Nessun reato. Tuttavia, l’ossessione all’ottimizzazione del profitto, anche in una rete che essendo pubblica dovrebbe privilegiare la funzione appunto di “servizio pubblico” rappresenta un unicum molto italiano. Senza scomodare la politica della Bbc (rete pubblica britannica, dove non vi è traccia di pubblicità), con il solo pagamento del canone la Rai sostiene di “non starci dentro”. Ecco quindi che per restare a galla si apre al mercato, per incassare ancora dalla vendita degli spazi televisivi inseriti nel palinsesto. Questo comporta l’entrata in campo del fattore-audience. All’aumento di spettatori di un certo programma, condotto da un certo presentatore, corrisponde il prezzo di vendita dello spazio pubblicitario inserito nello stesso. Il risultato è chiaro: è il primato degli ascolti a vincere su quello dei contenuti.

Con buona pace della natura “pubblica” di una rete. Amadeus è tutte le sere nelle case degli italiani. Ha presentato le ultime edizioni del Festival di Sanremo, facendo crescere gli ascolti e in forza dell’equazione di cui sopra, anche i prezzi degli spazi destinati alla pubblicità Un potere immenso, distorto quanto vogliamo, ma funziona cosi. E’ la regola del mercato. Ora, un potente gruppo concorrente (Warner Bros) che in Italia possiede il Canale 9, si quello sul quale è approdato qualche tempo fa, aprendo la strada, Fabio Fazio con il suo format Che tempo che fa, lo ha “strappato” alla Rai privandola di una sorta di calamita per gli investitori pubblicitari. Un bene, un male? Il tempo, quello reale, ce lo dirà. Ma intanto una considerazione andrebbe fatta. La concentrazione degli ascolti sempre sullo stesso gruppo di conduttori ha prodotto questa situazione. Campioni di audience, d’accordo. Ma piuttosto che puntare sempre sugli stessi nomi, anche in una logica di ricambio, perché non lasciare più spazio alla creatività di tanti altri giovani talenti?

Possibile che una rete che si vuole pubblica debba sottostare all’imperativo dell’audience, producendo fenomeni capaci di esserlo ma di fatto rendendosi fragile non appena qualche rete concorrente glieli porta via? Chissà se l’addio di Amadeus indurrà qualcuno dei suoi dirigenti a qualche sana riflessione. Vedremo, è il caso di dirlo, se la riconsiderazione di cosa è (dovrebbe essere) un “pubblico servizio” porterà la Rai a riscoprire il suo ruolo, facendo perno sulla sua funzione riequilibrando, laddove necessario anche con coraggio e sperimentazione, il tormentato rapporto fra contenuti-audience e mercato.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.