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LA BELLA NOTIZIA
26 Aprile 2024 - 08:20
Si ritrovano dopo oltre 50 anni nel posto dove sono nati, nel brefotrofio oggi sede delle mostre di Flashback Fair Art. Un luogo fuori dal tempo, nel quartiere vip della Crimea, che cela un passato sconosciuto ai più, ma che loro, i “nativi”, hanno potuto rivivere, condividendo le loro storie e rivedendosi nelle fotografie storiche nella mostra allestita all’interno del Padiglione B dell’ex clinica Ipi (Istituto Provinciale Infanzia) di corso Lanza 75. Proprio lì dove sono nati, non riconosciuti e abbandonati dalle madri che non potevano prendersi cura di loro, accuditi però con amore delle suore e dalle “tate” che li hanno potuti finalmente riabbracciare dopo tanti anni. «Anche se non ci conosciamo tra di noi c’è un legame speciale» dicono tutti, una trentina, chiamati a raccolta dall’artista Alessandro Bulgini, l’organizzatore di Flashback, che li ha contatti uno per uno per farli conoscere e condividere le loro storie.
Gianluca, 58 anni, ha vissuto all’interno del brefotrofio fino a tre anni: «Mi sono attaccato alla gamba di mio padre adottivo e non l’ho più lasciato» spiega, anche se non ricorda nulla di quel periodo: «Ho scoperto di essere stato adottato dopo che mi sono sposato, anche se lo sospettavo perché i miei non avevano fotografie di quando ero piccolo. Ringrazio Dio - aggiunge - che ci sia questa struttura, mi ha dato la vita». Grande è la commozione dello sguardo di Arianna mentre racconta l’incontro con sua mamma avvenuto nel 2018: «E’ stato emozionante rivederla e scoprire che è identica a me. Anche se - sottolinea - la mia vera mamma per me è quella che mi ha adottato».
Isabella è nata nel febbraio del ‘70 all’interno dell’Ipi, e le suore le avevano affibbiato il nome fittizio di Fiorella Gagliardi: «Io non ho mai ricercato le mie vere origini ma non è escluso che lo farò. La mia mamma adottiva i ha detto che aveva la certezza che fossi io la figlia che desiderava, mi diceva che c’erano bambine nate dalla pancia e altre dal cuore». Christian è arrivato a visitare la mostra con la sua famiglia, la moglie e i figli. E la memoria gli torna alla mente mentre guarda le fotografie: «Ricordo quando mi hanno operato agli occhi. Qui mi hanno salvato la vita, mi sono laureato e sono diventato un consulente finanziario» spiega, dopo aver riabbracciato Savina, la sua “tata” dell’epoca, che lo guarda con l’affetto di una madre.
Felicina, 84 anni, è una delle “tate” più anziane: «Abbiamo fatto crescere centinaia di bambini in questo luogo, ci chiamavano le api perché portavamo i bimbi nel giardino e realizzavamo le culle per i neonati. Avevamo un grande senso del dovere». Con lei ci sono anche Antonietta e Lia, vere e proprie istituzioni all’interno del brefotrofio. Non hanno potuto mancare all’appuntamento organizzato da Bulgini che ha allestito la mostra al piano terra del padiglione. Sulla gigantografia a tutta parete, in una delle stanze, compare una giovane ragazza sorridente con un velo in testa e il grembiule. In altre foto abbraccia dei bambini. «Sono io - dice Ottavia, con i capelli bianchi ma con lo stesso sorriso di allora -, ho lavorato qui fino al 1982, quando il brefotrofio ha chiuso, è una grande emozione rivedere i bimbi cresciuti».
Tra lacrime e sorrisi i “nativi” hanno passato il pomeriggio insieme, domenica scorsa, sotto la scritta luminosa “Mater”, che si vede da lontano. «Questo luogo in un certo senso è la loro madre, e possono venire a trovarmi quando vogliono, molti vivono all’estero, sono centinaia e il gruppo si allarga di continuo» spiega Alessandro Bulgini, mentre racconta l’iniziativa con la sua consueta energia che gli ha permesso di trasformare un luogo in rovina nel “Flashback Habitat”, divenuto un punto di ferimento dell’arte torinese e internazionale, con i suoi tre padiglioni immersi nel verde, dedicati alle mostre di arte contemporanea. E con il Circolino, in cui si può bere un drink o pranzare sulla terrazza godendo di una vista spettacolare sullo skyline di Torino. Ambientata a Torino è anche l’ultima sua mostra fotografica, in partenza il primo maggio, dedicata ai matrimoni a Barriera di Milano, quartiere in cui Bulgini vive e lavora con la sua Opera Viva, i suoi manifesti e le sue opere d’arte che offrono punti di vista sempre nuovi e originali sulla società in cui viviamo.
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