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LA STORIA
30 Aprile 2024 - 06:30
Foto di repertorio
Quando i carabinieri sono arrivati nella casa di Nichelino dove viveva da schiava, la disabile non ha più resistito. E, senza farsi sentire dai suoi aguzzini, ha sussurrato: «Per favore, portatemi via». Da quel momento è iniziata un’indagine che, un anno fa esatto, ha portato all’arresto di M. F. G. e di sua madre B. G.: ora le due donne sono finite a processo per lesioni personali e riduzione in schiavitù, reato di cui è accusato anche M. G., marito della 44enne M. F. G. (che risponde anche di appropriazione indebita).
Ieri mattina, a Palazzo di Giustizia, si è tenuta la prima udienza a carico dei tre imputati. Di fronte a loro, la Corte d’Assise, quella chiamata a giudicare i reati più gravi e delicati. Come gli omicidi o la riduzione in schiavitù, appunto. La presunta vittima è una signora, oggi 56enne, con un lieve deficit intellettivo e un disturbo della personalità che conduce alla sottomissione. Ed è proprio quello che le è successo per cinque anni, dal 2016 al 2021: appena prima di morire, il padre l’aveva affidata alla 44enne. Doveva prendersene cura, invece l’ha trasformata nella sua schiava personale (con l’aiuto di madre e marito).
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri e dal pubblico ministero Antonella Barbera, prendeva i soldi per il mantenimento della donna ma non le dava niente. Anzi, la disabile indossava solo vestiti vecchi e logori e veniva costretta a stirare e pulire la casa. Se non lo faceva bene, la picchiavano con un bastone di ferro o la bruciavano con il ferro da stiro. Poi veniva legata al letto o costretta a dormire nel corridoio o sul balcone, anche al gelo dell’inverno: «Se dormi con la coperta, ti ammazzo», le urlava la 44enne. Che ripeteva le minacce se “sorprendeva” la schiava a pregare o se solo provava a chiamare i parenti o il suo tutore legale. A tutto questo si aggiungevano botte, insulti, giorni senza cibo: «Quando siamo intervenuti e abbiamo portata la signora in ospedale, le uscivano pezzi di carote dalle tasche - ha raccontato in aula uno dei carabinieri di Nichelino - Ci ha chiesto se potesse mangiarli perché erano giorni che non le davano niente».
Secondo i carabinieri, tutto questo era evidente anche ai vicini di casa: «Tutti sapevano ma nessuno parlava per paura» ha detto ieri in aula uno dei militari sentiti come testimoni. Nel dibattimento è emerso come la principale imputata abbia fatto delle intimidazioni agli abitanti del palazzo che erano già stati ascoltati durante l’indagine. Lo dimostrerebbe anche la testimonianza resa da una delle vicine durante l’udienza di ieri, molto diversa dalla prima versione: per questo la presidente della Corte d’Assise, Alessandra Salvadori, ha disposto di far valere i verbali delle dichiarazioni rese durante l’inchiesta.
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