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OLTRE LA VITA
30 Giugno 2024 - 08:17
C'è un luogo dove dimora il tempo: un posto dove i minuti e le ore diventano uguali ai decenni, gli istanti si fanno eterni e regna un silenzio interrotto solo dai suoni naturali, come un giorno di pioggia con le nuvole scure, con i tuoni ed i lampi. Qui riposano, in eterno, coloro che hanno lasciato un mondo terreno. Lapidi fredde anche con il sole d'estate, in un sobrio contesto. C'è chi dice che i cimiteri siano lo specchio di una città: nulla di più vero, tra il verde curato ed i colori tenui, il Parco di via Bertani è davvero il ritratto torinese, con i suoi loculi ordinati, le tombe di famiglia elegantissime, le piccole e graziose cellette e i giacigli di chi ha scelto la terra. Dalla terra veniamo, alla terra torneremo. Collinette verdi che ricordano le onde, una culla di malinconia seppure composta, mai fuori posto. Qui i loro cari vengono a piangerli e rimpiangerli, a portare un fiore o cercare una parola di conforto. Qui ci si stringe in brevi e forti abbracci, qui si viene con i familiari e gli amici, oppure da soli.
Fotografie, dediche, statue: simboli di amore, di sofferenza, di dedizione. Eppure, nonostante nulla sia più democratico della morte, ultima tappa della vita di chiunque, anche qui ci sono gli "ultimi". Resti mortali di chi da nessuno è stato cercato, le spoglie di coloro che a nessuno mancheranno da morti, poichè a nessuno interessavano da vivi. Sono pochi, fortunatamente, ma esistono: lapidi con brevi parole "donna non riconosciuta", "ignoto": sono defunti senza un volto, privati di tutto, anche del loro nome di battesimo. C'è solo una data incisa, quella del presunto decesso. Resti mortali di chi da nessuno è stato cercato, le spoglie di coloro che a nessuno mancheranno da morti, poichè a nessuno interessavano da vivi. Questi sono solitamente i senza tetto: cadaveri non riconoscibili, spesso rimasti per lunghi periodi in obitorio, con la speranza che qualcuno li reclamasse per i riconoscimenti, i funerali: nessuno ha bussato alla porta, e dei corpi dei morti senza nome se n'è occupato il Comune insieme ad Afc, la società che a Torino si occupa dei servizi cimiteriali. Sono loro, a cercare di restituire un pò di dignità, quella che spesso quei poveri diavoli non hanno avuto in vita, tumulandone i resti e garantendo loro almeno un servizio minimo. Quanto ignoti e non riconosciuti essi siano, sui loro marmi non v'è un granello di polvere.
Poi ci sono i dimenticati. Coloro che qualcuno lo avevano: ma passati i decenni, nessun caro se n'è più occupato. Lastre di marmo che coprono il terreno. Bianche, scolorite, sbiadite. Quasi tutte senza fiori e le eccezioni hanno posato sopra quelli di stoffa e plastica, scoloriti dal tempo che passa. Sono tutti defunti che sono stati riesumati e che al momento di questa non risultavano "mineralizzati" completamente. E alla terra, ritornano. Provvisori poggiati, in plastica bianca, mai sostituiti con una lapide definitiva. Pietre deperite dagli anni che passano, li dove il tempo ha trovato dimora e con lui, in eterno, chi se n'è andato per sempre.
Il 6 luglio saranno 4 anni dalla sua morte: l'ha portato via il Coronavirus. Valter Capussotto di anni ne aveva appena 60. Un poliziotto, che solo un mese prima della sua scomparsa era andato in pensione. I colleghi lo chiamavano "l'artista forense": a lui di quei morti che nessuno cerca interessava eccome. Era uno dei principali esperti nel campo della ricostruzione facciale e delle comparazioni antropometriche. Aveva creato una banca dati del DNA dei parenti che segnalavano la scomparsa di familiari. Grazie ai suoi identikit, nel 2008 furono identificati i responsabili del colpo milionario alla Mondialpol di Biella. Sua è anche l'identificazione, avvenuta sette anni dopo il ritrovamento, delle ossa di Valter Reinero. Aveva collaborato inoltre con Scotland Yard, la polizia del Regno Unito. Consola sapere che la sua morte non ha messo fine alla sua ricerca: adesso, al suo posto, c'è una donna della polizia scientifica che in collaborazione con Afc e Procura cerca di dare un'identità agli esumati che ne sono privi. Una ricerca, quella di Capussotto, a cui il poliziotto aveva dedicato la carriera. Un amore che resta oltre la morte: quello per la vita.
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