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16 Ottobre 2024 - 06:44
Dopo 70 anni chiude Cito Tappeti: «Il successo grazie a un cambio merce con Berlusconi»
Quel negozio a Torino lo conoscono tutti, anche chi non ha tappeti e lì dentro non ha mai messo piede. Ma la popolarità di Cito Tappeti è legata, oltre che alla professionalità di chi vi ha lavorato negli ultimi 70 anni, alle pubblicità che ne hanno accompagnato decenni di storia, su radio e Tv locali ma non solo. «Il nostro negozio è diventato popolare grazie a Silvio Berlusconi - sorride il titolare, Lorenzo Boni - Mio papà conobbe il Cavaliere quando Mediaset ancora si chiamava Fininvest e conclusero un affare, un vero e proprio cambio merce: una grossa fornitura di tappeti, immagino almeno in parte destinati alle sue residenze, in cambio di pubblicità sulle sue reti televisive».
Erano gli anni d’oro quando Cito (Centro Importazione Tappeti Orientali) - fondato nel 1962 da Sergio Boni - sull’onda degli spot su Italia 1 e Rete 4, conquistava anche le piazze di Milano e Bologna. All’epoca, a Torino, il negozio si trovava in via Lagrange poi, nel 2004, il trasloco nella sede attuale, proprio all’angolo tra corso San Maurizio e corso Regina Margherita: «Una location strategica - spiega Lorenzo Boni, che ha ereditato l’attività dal papà ormai più di 30 anni fa - per uscire dalla Ztl e dall’isola pedonale».
Lorenzo Boni
In questi anni i clienti non sono mai mancati: «Ovviamente la crisi l’abbiamo sentita anche noi ma siamo sempre riusciti a lavorare, anche durante il Covid quando, per assurdo, gli affari andavano bene perché la gente chiusa in casa aveva piacere di cambiare arredamento». Ora, però, è arrivata la scelta di cambiare: «Mia sorella vive a Londra - spiega Boni - e ho deciso di provare una nuova avventura lì, un progetto che poi magari importerò anche in Italia del quale, per scaramanzia, preferisco non dire altro».
E così, via alla svendita, ovviamente annunciata da un’ultima raffica di spot sulle radio locali: «Vendiamo tutto con sconti fino al 70%, fino allo svuotamento del magazzino». Con almeno una buona notizia: «I nostri dipendenti non perderanno il lavoro. Il negozio chiude ma il laboratorio no e saranno riassorbiti lì».
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