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Lo sfogo

«Mi hanno preso a calci e sprangate»: parla il carabiniere sequestrato in Valsusa

Luigi De Matteo si racconta a "Quarta Repubblica" dopo essere stato catturato durante una protesta No Tav

«Mi hanno preso a calci e sprangate»: parla il carabiniere sequestrato in Valsusa

«Mi arrivarono sprangate, calci e mi tirarono nel bosco, dietro una roccia».

Èuno dei passaggi dell'intervista a Luigi De Matteo, l'ex vicebrigadiere dei carabinieri che il 3 luglio 2011 fu catturato e picchiato dagli antagonisti e dagli anarchici dei centri sociali durante una protesta No Tav, a Chiomonte (in Valsusa).

Il militare ha rilasciato per la prima volta un'intervista durante la trasmissione di Retequattro "Quarta Repubblica" condotta da Nicola Porro e ha raccontato come sia rimasto 30 minuti nelle mani dei suoi aggressori per trenta minuti. A causa dei traumi e delle ferite fu costretto a congedarsi dall'Arma: «Ci buttavano addosso di tutto: acido, bombe carta, pietre - ripercorre De Matteo - Fui raggiunto da una pietra e cascai. Da quella caduta non capii più niente: mi arrivarono sprangate, calci e mi tirarono nel bosco, dietro una roccia. Poi lì mi hanno finito con sprangate, mi denudarono, mi tolsero il casco e la pistola».

 

Nell'intervista, in onda in questi minuti, ha raccontato i segni che si porta dietro ancora oggi: «Ho i denti spaccati, il timpano rotto, un occhio da cui continuo a vedere abbagliato, un continuo mal di testa e bruciature di acido perché ci è arrivato di tutto addosso. Ho segni evidenti anche sulle gambe. Io con quella storia ho perso tutto».

Del comportamenti degli antagonisti in Valsua si è parlato proprio stamattina, all'ennesima udienza del processo che vede imputati 28 militanti del centro sociale Askatasuna. I quali, secondo uno dei loro avvocati, Claudio Novaro, partecipano alle proteste No Tav «per la difesa e la salvaguardia di valori tutelati dalla Costituzione». Il quale ha chiesto l'assoluzione dei suoi assistiti ma ha aggiunto che, in caso di condanna, meriterebbero l'attenuante di «avere agito per motivi di particolare valore sociale e morale».

Afferma Novaro: «A mio giudizio la coscienza collettiva del Paese in questo momento storico è al ribasso, ma noi dobbiamo fare riferimento alla Costituzione. Le condotte attribuite agli imputati non sono il prodotto di una "inclinazione alla violenza", come sostiene la procura di Torino, ma sono da calare in un contesto di difesa del diritto alla salute e della protezione dell'ambiente».

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