L’ultima intervista di Papa Francesco, realizzata da Giovanni Scifoni per Le Iene il 29 gennaio 2025 e diffusa in questi giorni sui social, è un momento di verità semplice e profonda. Una conversazione intima, segnata da toni familiari, in cui il Papa si mostra per quello che è sempre stato: un uomo capace di ascolto, di ironia e di fragilità.
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Il Pontefice ricorda con chiarezza un episodio che lo ha segnato: una donna siciliana migrante, che da bambino vedeva aiutare sua madre, si presenta anni dopo per salutarlo. Lui, allora rettore, si fa negare per via degli impegni. «È stato un dolore enorme», racconta. Più avanti riesce a incontrarla, ma quel gesto mancato lo accompagna ancora: «Porto con me la medaglia che mi ha dato prima di morire. La porto ogni giorno. Non mi sono mai perdonato per quella scelta». Un episodio personale, che richiama il valore del tempo dedicato agli altri e il senso profondo del rimpianto.
Nel dialogo con Scifoni, Papa Francesco affronta con leggerezza e profondità il tema del perdono: «Qualche disgraziato l’ho incontrato, sì», sorride, prima di chiarire: «Perdonare non è dimenticare. Ma ricordare perdonando è fondamentale». E aggiunge, con naturalezza: «La sera, nella preghiera, quando penso a ciò che non è andato bene, dico solo: ‘Perdoname’».
Racconta poi una scena teatrale che lo ha colpito: il ritorno del figliol prodigo, accolto con fazzoletti bianchi a ogni finestra. «Il perdono di Dio è così, ti fa festa», dice, restituendo un’immagine piena di tenerezza.
Scifoni propone dunque una domanda difficile, nata da un dialogo con il figlio: Dio perdonerebbe anche figure come Hitler o Totò Riina, se avessero chiesto perdono sinceramente prima di morire?
Il Papa risponde senza esitare: «Dio perdona tutto. Sempre. Il problema è che siamo noi a non voler essere perdonati». E aggiunge con un sorriso: «Se anche ci fossero, sarebbero in terza classe… ma tutti si sentono figli di Dio».
Non c’è provocazione, solo il richiamo alla coerenza del messaggio evangelico: nessuno è escluso dalla possibilità del cambiamento.
Nel finale, si parla di vergogna. «È una grande virtù», afferma Francesco. Vergognarsi dei propri sbagli è, per lui, il primo passo per capire, per crescere. Racconta di un uomo che ha compiuto un crimine grave, ma che in carcere ha trovato la fede e ha chiesto il battesimo: «Lo battezzerò nei prossimi giorni». Un gesto che racchiude l’idea che la fede sia anche un percorso, spesso tortuoso, ma sempre aperto.
Nell’intervista, Papa Francesco non fa discorsi solenni. Parla come ha sempre fatto: con sincerità, con uno stile diretto, capace di toccare senza retorica. Riflette su ciò che lo ha ferito, su ciò che lo fa ancora pregare la sera, sui dubbi e sulle riconciliazioni.