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Il processo

"Voleva tornare in Tunisia e l'ho uccisa": questo dichiara l'ex marito di Roua Nabi

Il pm chiede l'ergastolo. Ma spunta una "accusa" alla vittima: "Non ha caricato il braccialetto elettronico"

Femminicidio di Roua Nabi: chiesto l'ergastolo per l'ex marito Abdelkader Ben Alaya

Roua Nabi

In un'aula di tribunale gremita, il silenzio è rotto solo dalle parole del procuratore aggiunto Cesare Parodi, che il 28 aprile 2025 ha chiesto l'ergastolo per Abdelkader Ben Alaya, accusato del brutale omicidio della sua ex moglie, Roua Nabi. Un caso che ha scosso profondamente la città di Torino e che continua a sollevare interrogativi sulla violenza domestica e le sue tragiche conseguenze.

Il 23 settembre 2024, Roua Nabi, 34 anni, è stata uccisa a coltellate nel suo appartamento di via Cigna, sotto gli occhi dei suoi figli adolescenti. Abdelkader Ben Alaya, 48 anni, di origini tunisine, è stato arrestato poco dopo il delitto. Nonostante il braccialetto elettronico e il divieto di avvicinarsi all'ex moglie, il dispositivo non si è attivato quel giorno fatale, permettendo all'uomo di avvicinarsi alla sua vittima.

Secondo le ricostruzioni avvenute in tribunale, due sembrano i punti cruciali da considerare riguardo a questo mancato funzionamento. Il PM afferma che il dispositivo di controllo necessita di una ricarica periodica, esattamente come un cellulare, e che esso era imputato a entrambi i coinvolti, vittima e aggressore. A quanto pare nessuno dei due aveva provveduto alla ricarica che ha causato il malfunzionamento fatale. Tuttavia, la relazione tecnica di Fastweb su tale dispositivo sembra riportare la sua corretta attivazione, affermando che gli alert emanati siano semplicemente rimasti inascoltati. Quattro "beep", nessuna risposta.

Durante il processo, Ben Alaya ha reso dichiarazioni spontanee, cercando di spiegare il suo gesto. "Io non so usare il coltello", ha affermato, sostenendo di non ricordare esattamente cosa sia successo in quei momenti concitati. Ha descritto il suo rapporto con Roua come inizialmente felice, ma deteriorato nel tempo, soprattutto dopo la nascita dei figli e il desiderio della donna di tornare in Tunisia. Ha anche menzionato un presunto tradimento da parte di Roua, scoperto attraverso un video consegnatogli da una conoscente.

La madre della vittima, presente in aula come parte civile, ha dipinto un quadro ben diverso. Ha raccontato di un rapporto segnato dalla violenza, con episodi di aggressioni fisiche che Roua aveva subito nel corso degli anni. "Un anno prima della sua morte ho visto un livido blu sulla schiena", ha ricordato, sottolineando il carattere violento di Ben Alaya.

Il procuratore Parodi non ha avuto dubbi nel chiedere la massima pena per Ben Alaya, sottolineando la gravità del crimine commesso. Oltre all'ergastolo, ha richiesto anche quattro mesi di isolamento diurno, una misura che riflette la brutalità dell'atto e la necessità di una punizione esemplare.

Questo caso solleva inevitabilmente domande sul funzionamento dei sistemi di protezione per le vittime di violenza domestica. Il braccialetto elettronico, che avrebbe dovuto impedire a Ben Alaya di avvicinarsi a Roua, non ha funzionato. Un fallimento che ha avuto conseguenze tragiche e che richiede una riflessione profonda su come migliorare questi strumenti di prevenzione.

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