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Il caso
18 Marzo 2025 - 09:00
Abdelkader Ben Alaya assicura di essere pentito di aver ucciso sua moglie, Roua Nabi, nel loro appartamento di via Cigna: «Non ammazzo neanche una gallina, non sono un violento. Ora ho paura della punizione divina». Eppure ieri mattina non ha parlato mentre la giudice Francesca Roseti lo rinviava a giudizio per omicidio, maltrattamenti e violazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa: proverà a dire la sua versione dei fatti il 28 aprile, quando comincerà il processo e saranno passati sette mesi dal femminicidio della 32enne di origine tunisina. Uno dei tanti, troppi, avvenuti negli ultimi mesi a Torino e provincia.
Probabilmente il 47enne, tunisino anche lui, ripeterà quello che ha detto durante gli interrogatori dopo l’arresto del 23 settembre 2024, quando ha ucciso la moglie con un coltello, penetrato dritto nel cuore: «Ho sgridato mia figlia e Roua ha detto “Zitto o chiamo la polizia” - aveva raccontato, assistito dagli avvocati Ruggero Marta e Rocco Femia - Poi se l’è presa con l’altro figlio e ha tirato un pugno anche a me. Io mi sono agitato e l’ho accoltellata».
Anni di violenze
È questa la versione dell’assassino su quanto successo nell’appartamento di via Cigna 66, ultimo atto dopo quattro anni di abusi da parte di Ben Alaya. Il quale, davanti ai figli di 13 e 12 anni, insultava la moglie, le lanciava sedie e piatti, la strattonava e le tirava i capelli, sprecava i soldi della famiglia in birra e droga. Il 29 giugno, durante una discussione sul rinnovo del permesso di soggiorno di lei, il 49enne è arrivato a torcerle il braccio e a dirle che suo fratello sarebbe arrivato in Italia per ucciderla. Tutti episodi già denunciati da Roua Nabi, che avevano portato all’arresto del marito e alla sua detenzione domiciliare. Poi sostituita dal braccialetto elettronico, che negli ultimi mesi veniva spento in accordo tra i due coniugi. È successo durante le vacanze estive in Liguria e anche il giorno dell’omicidio, su cui ora resta solo la verità dell’ennesimo marito assassino: «Non sono scappato dopo le coltellate: sono andato dai carabinieri ma in caserma non rispondeva nessuno, così sono corso dai vigili urbani per avvisarli».
I figli al processo
Nell’interrogatorio davanti al procuratore aggiunto Cesare Parodi, Ben Alaya ha smentito quanto aveva detto subito dopo il delitto, cioè che era la moglie ad avere in mano il coltello e che lui l’aveva uccisa per difendersi. Una ricostruzione già difficile da credere, visto che lui non aveva ferite da difesa.
Il killer ha poi detto di «essere pentito e di avere paura della punizione divina». Quindi si è preoccupato della condizione dei figli, che da quel 23 settembre sono finiti in comunità dopo quello che lui ha fatto alla loro mamma. E ieri si sono costituiti parte civile nel processo insieme alla nonna, madre della vittima (assistiti dagli avvocati Stefani Agliate e Vittorio Rossini).
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