Cerca

Salute

Alzheimer ereditario: il padre conta più della madre?

Una ricerca canadese rivela che l’eredità genetica paterna potrebbe aumentare il rischio della malattia, aprendo la strada a nuove strategie di prevenzione e cura.

Alzheimer ereditario: il padre conta più della madre?

Uno studio condotto in Canada cambia le carte in tavola su ciò che si credeva riguardo l’Alzheimer trasmesso geneticamente. Fino a oggi si riteneva che l’eredità materna fosse più influente, ma le ultime evidenze suggeriscono che potrebbe essere il padre a incidere maggiormente sul rischio di sviluppare la malattia.

I ricercatori della McGill University hanno seguito per un decennio un gruppo di 243 adulti anziani con almeno un genitore affetto da Alzheimer. Attraverso avanzate tecniche di imaging cerebrale, hanno monitorato l’accumulo di due proteine chiave legate alla patologia: beta-amiloide e tau, oltre a misurare il volume cerebrale e la funzione cognitiva.

Nel campione, composto per il 70% da donne con un’età media di 68 anni, è emerso che pur accumulando quantità maggiori della proteina tau – che forma aggregati tossici dannosi per i neuroni – il loro cervello mostrava una maggiore resistenza al restringimento, soprattutto a livello dell’ippocampo, zona cruciale per la memoria. Questo ha portato gli studiosi a ipotizzare la presenza di meccanismi protettivi, forse legati agli ormoni o alla rete cerebrale femminile, in grado di contrastare gli effetti degenerativi della tau.

L’aspetto più sorprendente della ricerca riguarda però l’eredità paterna. Contrariamente alle convinzioni passate, avere un padre con Alzheimer sembra essere associato a un maggiore accumulo di proteine neurotossiche. Questo dato suggerisce che i figli di padri affetti potrebbero essere esposti a un rischio più elevato di sviluppare la malattia rispetto a quelli con madre malata. Inoltre, chi aveva una storia materna tendeva a conservare meglio le capacità cognitive nonostante la presenza di placche amiloidi.

La ricerca, pubblicata su Neurology, apre nuove strade alla comprensione dell’Alzheimer e sottolinea l’importanza di valutare il sesso e l’origine genetica del rischio nella definizione dei trattamenti. Sebbene il campione sia relativamente limitato e poco diversificato, i risultati potrebbero avere implicazioni importanti per la personalizzazione delle cure.

Oggi, oltre 600.000 persone in Italia convivono con questa malattia. È sempre più evidente che non esiste un profilo unico di rischio: fattori genetici, cambiamenti ormonali come la menopausa e la storia clinica familiare influenzano il modo in cui l’Alzheimer si manifesta. Comprendere queste differenze è fondamentale per sviluppare terapie più efficaci e mirate.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.