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Economia e alimenti
28 Maggio 2025 - 15:20
Fileni ha recentemente comunicato un ampliamento delle proprie pratiche di benessere animale, estendendo gli standard del European Chicken Commitment (ECC) anche alla filiera convenzionale. L’azienda presenta questo passo come un significativo progresso rispetto agli impegni assunti nel 2021. L’iniziativa è stata accolta positivamente da associazioni come Essere Animali, che vedono in questo una possibile evoluzione verso sistemi di allevamento più sostenibili ed etici.
Tuttavia, l’applicazione dei nuovi criteri riguarda esclusivamente i prodotti commercializzati sotto il marchio Fileni. I polli destinati alla grande distribuzione organizzata (GDO), allevati per conto terzi, non rientrano in questo aggiornamento e continuano ad essere allevati secondo metodi intensivi, con una crescita rapida e a scapito della loro salute.
Nei supermercati italiani, infatti, la maggior parte dei polli presenti negli scaffali, venduti da catene come Coop, Esselunga, Conad e Iper, appartiene alla razza Ross 308, nota come broiler a crescita accelerata. Questi animali raggiungono il peso di macellazione in appena 35-40 giorni, ma sono frequentemente soggetti a problemi di natura muscolare, ossea e cutanea, tra cui le evidenti striature del petto (white striping) e difficoltà di movimento.
A ciò si aggiungono condizioni di allevamento critiche, come le ustioni alle zampe causate dall’ammoniaca nelle lettiere, spesso non visibili ai consumatori poiché le parti lese sono rimosse e spedite per la lavorazione in Cina. Un rapporto del Ministero della Salute evidenzia come queste problematiche siano diffuse negli allevamenti intensivi, specie in alcune regioni italiane come Lombardia, Emilia-Romagna e Sardegna.
Fileni sostiene di aver introdotto razze a crescita più lenta per circa il 27,5% dei propri polli, tra cui Ranger Classic, Hubbard JA Co Nu e JA87. Nonostante questo, la quota maggiore della produzione continua a derivare da polli a crescita rapida. Questo solleva dubbi sull’impegno reale della grande distribuzione, che pur potendo esigere standard più elevati, continua a preferire forniture provenienti da allevamenti intensivi.
Un ulteriore elemento di criticità è la scarsa trasparenza nelle etichette: raramente viene indicata la razza o il periodo di allevamento, informazioni fondamentali per una valutazione consapevole da parte del consumatore. Le differenze tra animali a crescita rapida e lenta non sono solo di carattere produttivo, ma si riflettono anche sulla qualità organolettica del prodotto finale.
Le osservazioni di alcuni esperti e associazioni denunciano inoltre una gestione opaca del controllo sul rispetto degli standard. Secondo dati recenti, solo una parte ridotta dei polli allevati da Fileni rispetta pienamente i criteri del Chicken Commitment, e i controlli previsti si basano principalmente su verifiche documentali fornite dalla stessa azienda, riducendo l’efficacia della supervisione.
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