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Scuola
01 Luglio 2025 - 14:25
Più di 400mila bambini in Italia vivono un isolamento silenzioso, non per volontà propria, ma a causa di disturbi primari del linguaggio che li rendono invisibili agli occhi della società. Tra i piccoli di 2-3 anni, circa il 15% pronuncia poche parole o nessuna, e per uno su quattro questo quadro può portare a problemi duraturi: difficoltà scolastiche, isolamento sociale, ansia e depressione in età adulta.
Questi dati allarmanti, che restano invariati da un decennio, non sono frutto di una mancanza di conoscenze mediche, ma piuttosto di una diagnosi tardiva. Il disturbo primario del linguaggio colpisce infatti circa il 7% dei bambini in età prescolare, ossia 1 su 14, spesso confuso con altri problemi o del tutto ignorato.
Secondo Alessandra Sansavini, docente di Psicologia dello sviluppo presso l’Università di Bologna, entro i due anni un bambino dovrebbe pronunciare almeno 50 parole, mentre a 2 anni e mezzo è previsto che inizi a unire due parole per formare frasi semplici. Nonostante questi parametri siano ben definiti e supportati da studi, spesso vengono trascurati. Sansavini sottolinea che segnali come il mancato gesto di indicare a 12 mesi, l’assenza delle prime parole entro i 24 mesi e la mancanza di combinazioni verbali entro i 30 mesi sono campanelli d’allarme che pediatri, genitori e insegnanti devono riconoscere tempestivamente. Avverte inoltre che, superati i 36 mesi, quando il disturbo si stabilizza, le conseguenze diventano profonde e spesso irreversibili.
Anna Giulia De Cagno, vicepresidente della Federazione Logopedisti Italiani, evidenzia che più del 15% degli adolescenti presenta difficoltà comunicativo-linguistiche significative. Aggiunge che oltre il 60% di questi ragazzi subisce episodi di bullismo. La De Cagno spiega come questo fenomeno colpisca adolescenti che incontrano difficoltà nel comprendere testi scolastici, nello scrivere, nell’interpretare il linguaggio figurato e nel costruire rapporti sociali. Per questo motivo ritiene fondamentale sensibilizzare anche le scuole superiori, affinché questi giovani non rimangano privi di diagnosi e sostegno.
Gli esperti ricordano che i pediatri rappresentano la prima linea di osservazione, potendo monitorare lo sviluppo del linguaggio durante le visite di routine. Essi sottolineano l’importanza di riconoscere tempestivamente i segnali d’allarme, come la mancanza di 50 parole a due anni o la difficoltà a combinare due parole a 2 anni e mezzo, e suggeriscono di aggiornare i protocolli di screening e i percorsi formativi degli operatori sanitari per migliorare l’individuazione precoce.
Anche il ruolo degli insegnanti è considerato fondamentale: nelle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria, la capacità di individuare difficoltà comunicative può fare la differenza tra una diagnosi tempestiva e l’isolamento sociale. L’articolo ricorda che più del 15% degli adolescenti ha difficoltà comunicativo-linguistiche significative e sottolinea la necessità di interventi anche nelle scuole superiori. Gli esperti invitano a preparare adeguatamente gli insegnanti a riconoscere segnali come le difficoltà nella comprensione di testi o nella scrittura e a indirizzare le famiglie verso specialisti competenti.
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