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IL CASO
12 Luglio 2025 - 10:23
La prima rapina andò a segno, la seconda no. Ma già dal 14 agosto 2024, giorno del colpo all’ufficio postale di Villastellone, i carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Chieri avevano notato qualcosa che non tornava. Una dinamica troppo pulita, troppo semplice. E un dettaglio che, più di altri, ha acceso i sospetti: il rapporto tra uno dei rapinatori e la direttrice dell’ufficio.
Quel pomeriggio d’agosto, due uomini con il volto coperto da cappellini si muovono per le strade quasi deserte. Uno resta fuori, l’altro entra nell’ufficio ormai chiuso al pubblico. Minaccia la direttrice, la immobilizza legandola con delle fascette da elettricista, e si fa consegnare circa 40 mila euro in contanti. Poi esce, risale sull’auto del complice e sparisce. La donna riesce a liberarsi da sola e a lanciare l’allarme. Le indagini sono andate avanti per mesi, fino agli arresti eseguiti nei giorni scorsi. In carcere sono finiti Massimo Lo Manto, 40 anni, di La Loggia, una lunga serie di precedenti alle spalle, e Marco Giannone, 37 anni, di Alpignano. Lo Manto, secondo gli investigatori, era il basista: convivente della direttrice dell’ufficio rapinato, conosceva orari e routine. Ma la donna non risulta indagata e, durante le indagini, non ha riconosciuto Giannone, il presunto esecutore materiale della rapina. Dopo il colpo, i due – insieme alle rispettive compagne – sarebbero partiti per una vacanza a Marsa Alam, sul Mar Rosso. Hanno prenotato nello stesso periodo e presso la stessa agenzia. Se fossero tutti nello stesso resort, non è stato accertato. C’è poi un terzo arrestato: Luciano Chiappetta, 55 anni, anche lui di Alpignano e con precedenti penali. Secondo gli inquirenti, avrebbe preso parte solo alla seconda rapina, quella tentata il 30 settembre, sempre allo stesso ufficio postale. Quella volta, la banda si presenta poco prima dell’apertura. Sono armati di coltelli, fascette, occhiali da sole, mascherine e perfino una finta bomba da applicare alla porta d’ingresso, per spaventare e forzare l’accesso. Ma all’interno c’è una sostituta della direttrice. Nessuno apre. I banditi sono costretti alla fuga, a bordo di un’auto guidata da un quarto uomo, che – secondo quanto ricostruito – non era a conoscenza del piano. Avrebbe creduto di accompagnarli a un colloquio di lavoro. I carabinieri, guidati dal colonnello Vincenzo Bertè, erano già sulle tracce della banda: telecamere, pedinamenti e intercettazioni hanno permesso di chiudere il cerchio. Ora, Lo Manto e Giannone devono rispondere di rapina a mano armata in concorso, tentata rapina e sequestro di person
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