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IL COLD CASE
23 Luglio 2025 - 08:52
Un cold case si chiude dopo 9 anni. E un arresto, con un’accusa pesante: omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e occultamento di cadavere. Era il 2016 quando Momcilo Bakal, imprenditore bosniaco, scompariva nel nulla. Lo conoscevano tutti come “Momo”. Nessuna traccia, nessun indizio utile. Solo una denuncia tardiva, presentata dalla moglie: convinta, a quanto pare, proprio da colui che oggi è accusato dell’omicidio, ad aspettare prima di rivolgersi ai carabinieri. Un matrimonio difficile, il loro. Bakal aveva un’amante, e non lo nascondeva. Lei, per mesi, era rimasta in Calabria. Non sentirsi per un lungo periodo non era così strano, in quella relazione. Ma il tempo perso ha fatto il resto: le ricerche iniziano tardi, e non portano a nulla.
Fino al punto fermo, nove anni dopo: Momcilo Bakal non era sparito. Era stato ucciso. L’arresto è arrivato nelle scorse ore. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale hanno fermato Milan Uskokovic, serbo, 62 anni, già noto alle forze dell’ordine. È lui il sospettato: avrebbe ucciso Bakal e nascosto il corpo.Bakal, 44 anni, bosniaco, viveva a Mappano di Borgaro e gestiva una ditta di legname a Leini. Il 27 luglio 2016 è l’ultimo giorno in cui lo si vede. Quella mattina si presenta al lavoro, incontra i dipendenti. Si lamenta di un dolore alla pancia, ma solo con una persona: proprio con Milan, che oggi è accusato di averlo ucciso. Nessun riferimento, invece, a quel malessere nel rapporto col figlio Maikon, mai riconosciuto. Ma non sarebbe la prima bugia: non era raro che Momo mentisse a lui.
Eppure è proprio il figlio ad avere i primi sospetti. Al giovane basta un dettaglio: un messaggio inviato dal padre il 27 luglio. «Tira avanti la ditta con Milan», in bosniaco. Strano. Perché Momo e Maikon parlavana loro in italiano. Le ricerche non portarono a nulla. Nemmeno l’intervento dei sommozzatori o delle unità cinofile. E la denuncia, presentata con settimane di ritardo dalla compagna, non convinse del tutto gli inquirenti. Si escluse subito un allontanamento volontario. Più probabile una vendetta, o un regolamento di conti. Il caso sembrava archiviato. Fino al 2023. Con nuove tecnologie, e un riscontro del DNA da una banca dati, le indagini si riaprono. La Procura di Ivrea ricostruisce i movimenti della vittima. I sospetti portano a una stradina isolata in località Villaretto, non lontano dal magazzino dell’azienda. Scavando, il ritrovamento: il corpo di Bakal. Secondo gli inquirenti, l’uomo sarebbe stato avvelenato con Zolpidem e Quetiapina, due farmaci ad azione sedativa. Poi il corpo sepolto. Sul movente, restano aperti i contorni economici. Tensioni mai chiarite, dissapori mai sopiti. Uskokovic ora è in carcere, a Torino.
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