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patti prematrimoniali
12 Agosto 2025 - 12:40
Con l’ordinanza 20415/2025, la Cassazione ha riconosciuto la validità di un accordo tra coniugi che prevede la restituzione di somme spese da uno dei due in caso di separazione. Una svolta giurisprudenziale che, pur non rappresentando un cambio di rotta definitivo, segna un passaggio importante nel dibattito sulla liceità degli accordi prematrimoniali e sulle forme di autonomia privata all’interno del matrimonio.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto valido un patto con cui il marito si impegna, in caso di separazione, a restituire alla moglie il denaro da lei speso per la ristrutturazione di una casa intestata al coniuge. La separazione, secondo i giudici, non costituisce la “causa” dell’accordo, ma un evento condizionante l’efficacia dell’intesa. Si tratta, tecnicamente, di un contratto atipico riconducibile all’articolo 1322 del Codice civile, che tutela gli interessi ritenuti meritevoli anche se non espressamente previsti dalla legge.
Questa decisione si inserisce in un contesto più ampio in cui la stessa Cassazione, seppur in modo prudente, mostra aperture crescenti verso i patti patrimoniali stipulati tra coniugi o futuri coniugi, pur mantenendo ferme le riserve su intese che incidano sull’assegno di separazione o divorzio, o su obblighi inderogabili previsti dall’articolo 143 del Codice civile.
In passato, la Corte aveva ribadito la nullità di tali patti per illiceità della causa, sostenendo che potessero influenzare la libera decisione di separarsi. Ma ora, con l’ordinanza 20415, si afferma che alcune pattuizioni condizionate alla crisi coniugale possono essere considerate legittime, se legate a interessi concreti e non lesive dei principi fondanti del diritto di famiglia. «Non pare più così ripida la strada di regolamentare i rapporti patrimoniali tra coniugi o futuri coniugi», si legge tra le considerazioni conclusive dell’ordinanza.
L’apertura della Corte riflette anche un contesto internazionale dove i marriage agreements sono da tempo parte della prassi in molti ordinamenti. La giurisprudenza italiana, storicamente ancorata a una concezione rigida della famiglia, sembra ora più disposta a riconoscere spazi di autonomia contrattuale, a patto che non entrino in contrasto con principi di ordine pubblico o diritti indisponibili.
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