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Il processo
19 Settembre 2025 - 22:00
Dieci anni sono passati da quella tragica estate del 2014, quando nel quartiere romano della Camilluccia Silvio Fanella, indicato come il “cassiere” di Gennaro Mokbel, venne assassinato durante un tentativo di sequestro finito nel sangue. Oggi, quell’omicidio non è solo un caso chiuso nelle aule di giustizia di Roma, ma un tassello fondamentale nel complesso mosaico dell’indagine Echidna, al centro di un processo che si celebra a Ivrea e che svela intrecci di ’ndrangheta ben oltre i confini della Capitale. Il filo rosso che collega quei fatti lontani alla recente ricostruzione giudiziaria passa attraverso la testimonianza chiave del colonnello dei carabinieri Michele Fanelli, ex ufficiale del Ros ora alla Dia di Torino. Fanelli ha rivelato come, grazie alla collaborazione del pentito Rocco Varacalli – già noto dal processo “Minotauro” – fu possibile identificare uno degli arrestati per l’omicidio di Fanella, Giuseppe La Rosa, come nipote di Giuseppe Pasqua, figura storica legata a Brandizzo, nel Torinese. Questa pista riaccese l’attenzione investigativa sulle presunte infiltrazioni della ’ndrangheta nelle attività criminali piemontesi. Oggi, a distanza di un decennio, Giuseppe Pasqua, suo figlio Domenico e il cugino Michael “Luca Bazooka” Pasqua sono tra i nove imputati chiamati a rispondere davanti al tribunale di Ivrea per associazione mafiosa e una serie di reati legati a estorsione, ricettazione, traffico di armi e spartizione illecita di appalti pubblici, soprattutto nel movimento terra e nei cantieri dell’autostrada A32 Torino–Bardonecchia. Il colonnello Fanelli ha tracciato una mappa di relazioni tra i Pasqua e altre famiglie criminali del Torinese, come gli Agresta di Volpiano e i Trunfio di Chivasso, realtà già colpite da sentenze definitive per ’ndrangheta. Fondamentale per gli inquirenti è anche l’inchiesta “San Michele”, che ha documentato incontri in un bar di Volpiano ritenuto snodo strategico per gli affiliati locali. Il processo Echidna, che si preannuncia lungo e articolato, avrà nelle prossime settimane la deposizione di altri testimoni chiave, tra cui l’ex manager Roberto Fantini, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma già prosciolto da altre accuse. Quel 2014, l’omicidio di Fanella sconvolse una delle zone più esclusive di Roma. Silvio Fanella, 40 anni, broker con precedenti per riciclaggio internazionale e figura centrale nelle indagini su Mafia Capitale, aprì la porta a tre uomini vestiti da civili ma spacciatisi per finanzieri. Quando si rese conto dell’inganno, fu troppo tardi: ne scaturì una violenta colluttazione conclusasi con un colpo di pistola al petto, fatale per Fanella. Uno dei tre, Giovanni Battista Ceniti, rimase ferito durante la fuga, abbandonato dai complici e soccorso d’urgenza al Policlinico Gemelli. Ceniti, già espulso da CasaPound per dissensi interni, divenne il tassello cruciale per la ricostruzione del delitto. I suoi due complici, probabilmente non romani, fuggirono a bordo di un’auto rubata, ritrovata nei pressi di piazzale Clodio. Il processo per questo omicidio portò a condanne pesanti per il commando: Ceniti, Egidio Giuliani e Giuseppe La Rosa furono condannati a 20 anni per omicidio volontario aggravato. Diversa la sorte dei presunti mandanti, assolti in primo grado e in appello per insufficienza di prove. Nel procedimento Echidna, davanti al tribunale di Ivrea, sono a giudizio nove imputati: Danilo Scardino, Filippo Rotolo, Giuseppe, Michael e Domenico Claudio Pasqua, Roberto Fantini, Gian Carlo Bellavia, Antonio Mascolo, Leonardo Caligiuri. A vario titolo, sono accusati di associazione mafiosa, estorsione aggravata, rapina, ricettazione, uso e falsificazione di carte di pagamento, traffico di armi, oltre a concorso nei reati. Una vicenda che testimonia come i delitti e le dinamiche criminali possano estendersi e ramificarsi in modi che solo la giustizia e l’impegno degli investigatori riescono lentamente a svelare.
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