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Il fatto

Processo Arlotti, ecco il colpo di scena «Irene mi fa arrestare, ma torna da me»

Revocate anche le misure che imponevano al karateca di non avvicinarsi alla donna e l’obbligo di firma

Processo Arlotti, ecco il colpo di scena «Irene mi fa arrestare, ma torna da me»

A primo impatto, la storia tra Cristian Arlotti e la sua ex fidanzata Irene sembra una di quelle da serie tv. Ma in aula, a Torino, è tutto vero. Colpo su colpo. Senza censure. Processo per lesioni e maltrattamenti. Due accuse che si somigliano, ma che nel linguaggio della legge pesano in modo diverso: un episodio isolato è una lesione, la reiterazione fa i maltrattamenti. E qui, la differenza conta. Oggi si sono alternati in molti al banco dei testimoni. La psicologa di Irene, ad esempio. Ha raccontato di averla presa in carico e trattata con la terapia EMDR, usata per i disturbi post-traumatici. Nelle sedute, la ragazza ha evocato discussioni, anche accese, ma mai episodi di violenza fisica. Nessun pugno, nessuno schiaffo. Lui, l’imputato. Camicia bianca, seduto di spalle al pubblico, lo sguardo fermo. Cristian Arlotti, attuale campione europeo di karate, ha scelto di rispondere. «Con Irene è stata una relazione tossica, ma alla pari», ha spiegato. Uscivano, bevevano, litigavano. Poi tornavano a letto insieme. Il fatto al centro del processo è la lite scoppiata quando lei, dopo la fine della relazione, si era presentata senza avvisarlo a casa sua per riprendersi le proprie cose. Dentro, due donne. La tensione, la discussione, poi la chiamata ai carabinieri. Irene dice di essere stata colpita. Lui nega: «Non l’ho picchiata, cercavo solo di togliermela di dosso». Lui in manette, 5 giorni in carcere. Lei lo cerca quando esce. Lo prega, vuole vederlo. Nonostante il ragazzo abbia una misura che gli vieta di avvicinarsi a lei - misura revocata oggi, insieme all’obbligo di firma.
«Irene diceva che si sarebbe ammazzata. Io correvo, preoccupato. E lei mi diceva che voleva stare con me. Io dicevo che non potevamo. Avevo un obbligo: starle lontano. Stare insieme era illegale» continua lui. Allora perchè andava da lei? «Mi sentivo costretto a farlo, chissà che poteva fare altrimenti». Campione di arti marziali, 80 chili: forse più fragile di cosa appare, facile da manipolare. Lei rimane incinta, «Irene so che indossava l’anello anticoncezionale. Abbiamo sempre fatto sesso protetto. Ma quella volta lei rimase incinta: io le mie responsabilità, nonostante tutto le avrei accettate». Ma la ragazza sceglie un’interruzione di gravidanza. A quel punto sembra che la storia sia a un capolinea. Ma non è così. Irene avrebbe diffuso uno screenshot tratto da un video privato in cui il ragazzo, durante una festa in piscina, simulava con del borotalco una striscia di cocaina. L’immagine, inviata ai carabinieri, al datore di lavoro e ai genitori dell’atleta, ha avuto ampia diffusione. «Non ho mai fatto uso di droga né ne ho mai acquistata», ha dichiarato in aula Arlotti. Per questo episodio, a novembre è atteso un nuovo processo, ma le parti si invertiranno; sarà Arlotti a querelare l’ex compagna per diffamazione a mezzo stampa e calunnia. Una denuncia che inizialmente la pm - la stessa del procedimento per lesioni e maltrattamenti - voleva archiviare. Ma l’avvocato di Cristian, Luca Tommaso Calabrò, si è fermamente opposto. E sempre a proposito di video, c’è un terzo procedimento. Perchè Irene ha denunciato Cristian una seconda volta. Lo ha accusato di aver diffuso dei video “erotici” che la ritraggono. Ieri, in aula, le ricostruzioni sono state diverse. «Irene era iscritta a una piattaforma online dove si possono caricare video» spiega l’atleta. I fruitori, pagano per vedere questi filmati «video che sono ancora lì, sulle piattaforme. Scaricabili facilmente. Mai inviato video suoi in giro». E sulle accuse di obbligarla a vestirsi in un modo o in un altro? «Lei si lamentava che diversi uomini le facessero il filo in modo poco elegante, non sapevo cosa rispondere, le ho consigliato di vestirsi in modo più semplice». E la gelosia? «Sono quasi stato licenziato a causa sua» ribatte Arlotti. «Lei veniva nella palestra dove lavoravo: insultava le altre clienti, ci si appiccicava, le denigrava scrivendo loro sui social. Convinta volessero provarci tutte con me. Ecco perchè la lasciai la prima volta. Due giorni dopo, l’improvvisata a casa, il mio arresto e tutto il resto». Arlotti resta calmo. Anche quando l’avvocatessa di Irene, parte civile, alza i toni e il giudice è costretto a riprenderla «si calmi per favore, l’imputato le risponde anche se le cose gliele chiede con educazione» ammonisce. Il processo continua a gennaio. E sicuramente, non sarà l’ultimo round.

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