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L'intervista
02 Dicembre 2025 - 06:30
Foto di repertorio
Continuiamo il nostro approfondimento sull’azione collettiva inibitoria promossa contro le pratiche dannose e pericolose di Instagram, Facebook e TikTok. In questa seconda parte, esaminiamo più da vicino le domande proposte al Tribunale di Milano, insieme all’avvocato Stefano Maria Commodo dello Studio Ambrosio & Commodo.
In che modo l’azione del MOIGE vuole tutelare i minori e le loro famiglie? I social non sono un luogo di libertà, confronto e crescita per i nostri giovani?
In tutto il mondo ci sono norme che regolano l’accesso dei minori ai social: l’UE ha previsto in 16 anni l’età minima suggerita, vietando in ogni caso l’accesso ai minori di 13 anni: l’Italia ha posto il limite a 14 anni e sotto tale età è quindi illegale la presenza sulle piattaforme. Nonostante tale precisa norma, sono circa 3,5 milioni in Italia i bambini tra i 7 ed i 14 anni che utilizzano Instagram, Facebook e TikTok. Sin dall’avvento di questi strumenti, si sono visti i danni possibili, che ora la ricerca scientifica su precisi riscontri diagnostici ha messo in evidenza. Il rischio è di far crescere intere generazioni con seri limiti psichici e comportamentali. Se c’è un aspetto positivo nei social, che consentono a giovani ed adulti di sviluppare contatti ed acquisire conoscenze utili e gratificanti, c’è però un aspetto inquietante che deve essere conosciuto e “governato” per evitare esiti dannosi soprattutto per i più fragili.
A cosa si riferisce in concreto?
L’assenza di informazione da parte delle piattaforme, ma anche la disattenzione dei legislatori e delle authorities deputate ai controlli, ha negato alle famiglie ed al pubblico, compresi ovviamente i minori, di conoscere un fatto davvero grave ed inquietante: il rischio che l’utilizzo dei social possa provocare un danno biologico permanente ai giovani tra i 6/7 ed i 23/25 anni. Il Moige ha chiesto a specialisti di fama un parere pro-veritate che attesta come durante lo sviluppo adolescenziale il cervello compia una profonda rivoluzione e che l’eccessiva attività online può avere effetti simili all’utilizzo precoce di sostanze che creano dipendenza. Gli effetti sono comportamenti problematici, impulsività, calo dell’attenzione ed inibizione della risposta. Lo studio rileva che «la corteccia prefrontale raggiunge la completa maturazione in età adulta (intorno ai 25 anni)» e che allora sia forte il rischio di dipendenza dai social e di danni permanenti alla salute mentale dell’adolescente poiché le sollecitazioni derivanti dall’eccesso di esposizione digitale possono provocare danni sia per l’eccesso che per il difetto di dopamina.
Dopamina? È la sostanza che gioca un ruolo rilevante anche in altre dipendenze come le ludopatie?
Esattamente! La dopamina è un neurotrasmettitore, una sostanza che veicola le informazioni fra i neuroni attraverso la trasmissione sinaptica. Funge da messaggero chimico per le cellule nervose, svolgendo ruoli cruciali nel cervello: per il controllo del movimento, delle emozioni, della motivazione e del sistema di ricompensa. È nota come “ormone del piacere” perché ci fa provare sensazioni positive, spingendoci a ripetere comportamenti gratificanti. Funziona anche nella regolazione dell’umore, dell’attenzione, dell’apprendimento e della memoria, ed è fondamentale anche per le funzioni renali e l’equilibrio ormonale. Meta e TikTok conoscono bene questi meccanismi, che sfruttano per la progettazione e gestione delle loro piattaforme: provocare sensazioni di gratificazione, infatti, lega irreversibilmente l’utente alla piattaforma, favorendone l’abuso. Il danno da abuso di social è più elevato per bambini e adolescenti, perché il loro cervello è ancora in fase di crescita e hanno una minore capacità “di difesa” rispetto agli adulti. L’atto depositato al Tribunale di Milano evidenzia le ragioni che spingono Meta e TikTok a coinvolgere il più possibile i bambini fin dalla più giovane età. La principale consiste appunto nella maggiore facilità di influenzare un bambino o un adolescente, rispetto a un adulto, per una questione di sviluppo fisico e mentale, che nell’adolescente è incompiuto.
Ma i genitori, che chiaramente non sono degli specialisti, possono cogliere dei comportamenti che possano rappresentare segnali di allarme?
Ci sono situazioni che genitori e educatori possono rilevare nella condotta dei ragazzi e che dovrebbero spingere ad attenzionare il loro stile di vita, per comprenderne le cause, spesso riferibili proprio all’uso dei social. Tra gli abituali disturbi e danni conseguenti l’uso delle piattaforme, citiamo: disturbi alimentari, perdita del sonno, calo del rendimento scolastico e dell’attenzione, depressione, interpretazione errata delle emozioni, insoddisfazione per la propria immagine corporea, incomprensioni e difficoltà nelle relazioni familiari e sociali, conflitti o amplificazione delle insicurezze, facile perdita di autocontrollo, comportamenti impulsivi, ricerca di stimolazioni veloci e gratificanti, spesso con esposizione a comportamenti imprudenti, accettazione di sfide spesso pericolose per la propria incolumità (le famigerate challenge). Il disagio del minore può giungere addirittura ad atti autolesivi, a volte sino al suicidio come purtroppo riferiscono le cronache. Su tali aspetti problematici sono intervenuti molti autorevoli enti, come la Commissione Europea (Wellbeing and mental health at school. Guidelines for school leaders, teachers and educators, 2024) che illustra il peggioramento della salute mentale e il calo nel rendimento scolastico dei minori, individuandone tra i fattori l’uso inadeguato dei social. Anche il Parlamento Europeo con lo studio “L’influenza dei social media sullo sviluppo dei bambini e dei giovani” del Prof. O'Neill esamina gli effetti dei social sullo sviluppo di bambini e giovani europei, citando numerose ricerche sull’uso dannoso da parte dei minori, affermando che «i social media sono pervasivi nella vita dei bambini e dei giovani europei attraverso i quali sono esposti a una vasta gamma di contenuti, contatti, comportamenti e rischi contrattuali» o ancora «i minori sono sistematicamente esposti a contenuti online dannosi sulle piattaforme, come l’odio online, i contenuti sessuali, le immagini cruente o violente, i contenuti che promuovono i disturbi alimentari e la disinformazione».
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