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Economia

Draghi lancia l'allarme: l'Europa sarà invasa dai prodotti cinesi (e la colpa è degli USA)

Guerra commerciale Trump-Cina: e se i veri perdenti fossimo noi?

Mario Draghi (Fonte X)

Mario Draghi (Fonte X)

L’ex presidente del Consiglio e della BCE, Mario Draghi, ha lanciato un monito senza mezzi termini davanti al Parlamento europeo: la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina sta per scaricarsi sulle imprese europee. L'aumento dei dazi imposti da Washington potrebbe trasformare il Vecchio Continente in una discarica di prodotti cinesi a basso costo, mettendo in ginocchio le aziende locali. Secondo Draghi, la Cina sta subendo un colpo durissimo dalla politica protezionistica americana. Ma invece di ridurre la produzione, Pechino cercherà nuovi sbocchi commerciali, e il bersaglio più vulnerabile è proprio l’Europa:

"L’aumento dei dazi statunitensi sulla Cina reindirizzerà la sovraccapacità cinese verso l’Europa, colpendo ulteriormente le imprese europee. In effetti, le grandi aziende dell’UE sono più preoccupate da questo effetto che dalla perdita di accesso al mercato statunitense."

Draghi ha puntato il dito su settori già in sofferenza per la concorrenza cinese: auto elettriche, pannelli solari, batterie e tecnologia. Questi comparti rischiano di essere letteralmente sommersi da prodotti a basso costo, rendendo impossibile la competizione per le imprese europee. L’effetto potrebbe essere devastante in termini di posti di lavoro e di crescita economica.

L’ex premier ha accusato l’UE di essere troppo lenta e frammentata: mentre Stati Uniti e Cina giocano una partita aggressiva sul commercio e sugli investimenti, l’Europa resta immobile.

"Dobbiamo abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sull’equity."

In parole povere, bisogna creare un'Unione Europea più competitiva, meno burocratica e capace di attrarre investimenti.

Oltre all’economia, Draghi ha puntato il dito contro la gestione della difesa: l’Europa ha eserciti divisi, industrie degli armamenti frammentate e nessun sistema comune. Il risultato? Un settore che non riesce a crescere, mentre gli USA e la Cina avanzano a passi da gigante. "I nostri sistemi di difesa nazionali non sono né interoperabili né standardizzati in alcune parti chiave della catena di fornitura. Questo è uno dei tanti esempi in cui l’UE è inferiore alla somma delle parti."

Draghi non si è limitato a denunciare il problema, ma ha ribadito la sua proposta di investimento massiccio per riportare l’Europa a competere su scala globale. Secondo il suo rapporto sulla competitività, servono almeno 800 miliardi di euro all’anno, tra risorse pubbliche e private, per finanziare innovazione, digitalizzazione e industria. "Il dato degli 800 miliardi l’anno è stimato per difetto. Per finanziare questi investimenti serve un debito comune, che deve essere, per definizione, sovranazionale, perché alcuni Paesi non dispongono di spazio fiscale sufficiente nemmeno per i propri obiettivi."

Il messaggio di Draghi è chiaro: se l’Europa non si sveglia, sarà schiacciata tra le due superpotenze. La palla ora passa ai leader europei. Saranno capaci di reagire o assisteremo all’ennesima prova di immobilismo? Il futuro dell’economia europea potrebbe decidersi nei prossimi mesi.

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