l'editoriale
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09 Marzo 2022 - 07:45
Le tredici famiglie di piemontesi erano tutte lì, a mezzanotte, davanti alla sede della Croce Bianca di Volpiano, in attesa dell’autobus che trasportava 57 profughi raccolti in Polonia. E una volta arrivati, dopo un viaggio estenuante, li hanno accolti come fratelli a casa loro. Già in 1.500 hanno accolto l’invito della Regione a ospitare i profughi ucraini a casa loro. Marilena e Massimo De Luca, di Torino, hanno deciso di spalancare la porta del loro appartamento a una mamma, una nonna, una bimba e perfino un neonato: «In questa situazione particolarmente triste - spiegano i coniugi - abbiamo pensato fosse necessario fare qualcosa». Daniela Garzotto, insieme alle sue tre figlie e il nipote, ha accolto una mamma e una ragazza giovane: «Ho ascoltato il cuore, la coscienza e i miei figli». A mettere a disposizione una casa agli sfollati non solo famiglie ma anche persone singole, come Ilena Meacci, che ha accolto in una palazzina di Madonna del Pilone ben sei persone: «Sono divorziata e vivo sola, e così ho deciso di mettere a disposizione il piano terra con giardino a queste persone fuggite dalla guerra, spero staranno bene». Edy e Tony Castagno, di Ciriè, avevano già avuto esperienze di questo tipo in passato: «Dopo Chernobyl avevamo ospitato una bimba bielorussa. E ora abbiamo deciso di destinare l’appartamento vuoto di mia suocera di fianco al nostro a una mamma, un bambino e una ragazza».
Ogni racconto esprime una generosità senza compromessi. Anche perché non si può sapere quanto queste persone si fermeranno dalle famiglie. «Non è stato semplice convincerli a lasciare la propria terra» spiegano dall’associazione Arca Solidale che ha organizzato la spedizione umanitaria su richiesta del console onorario dell’Ucraina a Torino, Dario Arrigotti, presente a Volpiano lo scorso lunedì, insieme al presidente dell’associazione, Fabrizio Rimondotto, e il sindaco di Volpiano, Giovanni Panichelli. Si leggeva una tenerezza infinita negli occhi di mamme, bambini, nonne e perfino dei cani (un bulldog francese) scesi dal bus in piena notte con tutta la loro vita in un trolley o in uno zaino. Dopo il tampone gli ucraini sono stati tutti accolti dalle famiglie e hanno potuto finalmente farsi una doccia e dormire in un letto caldo, chi a Torino, chi a Venaria, chi a Cuneo. Portando con sé le loro storie che toccano il cuore. Come quella di Maria che ha salvato i suoi sette figli dalle bombe, mentre il marito ha deciso di arruolarsi nell’esercito ucraino come volontario. O la storia della piccola Anya, una bambina bellissima di soli sette anni, bionda con gli occhi azzurri, che ha dovuto camminare due giorni, sfidando missili e carri armati, per arrivare al centro commerciale di Przemysl in Polonia insieme ai genitori e il fratello maggiore. Qui, tutti insieme, hanno trovato la speranza di una nuova vita.
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